“Il caro bollette nelle Rsa è un problema sociale, non dei gestori”
di Sara De Carli (pubblicato su Vita.it il 18 ottobre 2022)
“Un viaggio in dieci tappe nelle residenze per anziani non profit alle prese con il caro bollette. Dal Piemonte alla Puglia, dal Veneto e la Sardegna la situazione è la stessa: bollette alle stelle per consumi incomprimibili. Risparmiare sul riscaldamento degli ambienti in cui vivono persone anziane non si può e non si deve, lo dice anche il decreto Cingolani: ma a fronte della richiesta di garantire – giustamente – un ambiente adeguato, secondo quanto richiesto dagli standard di accreditamento, tutti i costi aggiuntivi legati all’impennata del costo del gas stanno in questo momento in capo agli enti che gestiscono queste strutture, perché Stato e Regioni non hanno ancora messo in campo adeguati interventi.
La nostra inchiesta, bollette alla mano, parla di aumenti per i costi energetici che arrivano anche al +350%. C’è chi ha visto aumentare il gas metano del +116% e hi del 164%, mentre la luce è salita del 46% come pure di un +105%. Sacra Famiglia, 23 strutture e 10mila persone assistite ogni anno, nel 2022 prevede di spendere più di 7,1 milioni di euro per riscaldamento ed elettricità, contro i 4,3 milioni del 2021. La cooperativa sociale Gulliver, 29mila utenti, nel 2021 ha sostenuto costi attorno al milione di euro, mentre per il 2022 balza a oltre 3 milioni di euro, se non tre milioni e mezzo. Per Fondazione Don Carlo Gnocchi la bolletta dell’energia elettrica di luglio 2022, a fronte di scostamenti non significativi nei kwh consumati, è quattro volte la bolletta di luglio 2021.
Non è solo questione di prezzi più elevati: ormai siamo al punto che è difficile anche trovare un fornitore. Qualcuno, di fronte alle eccessive esposizioni finanziarie che il sistema richiede in questo momento ha espresso la propria volontà di recesso. Più di una gara per la fornitura di materia prima è andata deserta.
Le strategie per il contenimento di consumi – abbassare la temperatura negli uffici, non sprecare, mettere la valvola su ogni termosifone per poter regolare la temperatura della singola stanza… – sono necessarie e doverose ma di certo non possono cambiare la sostanza della questione: sta entrando in crisi un servizio essenziale per la popolazione, che in questo momento non ha alternative. Serve un intervento delle istituzioni, che ancora non c’è. Anche la toppa tardiva arrivata con il Decreto Aiuti Ter ancora è insufficiente, sia per risorse stanziate sia perché non indica nemmeno qual è la percentuale dei costi aggiuntivi su cui è previsto un aiuto. In queste condizioni non si può neanche dire che si naviga a vista: si naviga completamente al buio.
Con questi aumenti, dice una riceca di Uneba nazionale, gli enti segnano ogni giorno una perdita netta di 11 euro per ciascun ospite. Impossibile reggere a lungo. Anche i più ottimisti dicono che solo per rientrare dalle maggiori spese per l’energia la rette giornaliera dovrebbe aumentare di 6/7 euro al giorno. E per una realtà che ha deciso che dal 2023 aumenterà la retta, in una sola delle sue strutture e di soli uno o due euro, a seconda della tipologia di stanza e di servizio, ce ne sono altre che per sopravvivere stanno già intaccando la capacità di innovare e di curare bene i pazienti: mettendo in tavola cibo di minor qualità, turnando i professionisti con meno tempo per la cura, interrompendo quel percorso che si stava faticosamente realizzando di maggiori relazioni tra le persone fragili e chi di loro si prende cura e fra di loro e il territorio. L’alternativa, per molti, è una sola: chiudere. Scaricando l’intero problema sugli anziani e sulle loro famiglie” (…) continua su Vita.it
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L’articolo originale, firmato da Sara De Carli, è pubblicato a questa pagina, dalla quale è possibile leggere tutte e dieci le tappe dell’inchiesta: