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non autosufficienza
Un momento del convegno presso l'agenzia Generali di Pistoia

La non autosufficienza tra passato presente e futuro

La non autosufficienza e le questioni aperte in questo ambito, anche alla luce di quanto avvenuto negli ultimi tre anni, sono stati il tema di un intervento del dottor Giovanni Spiti, segretario generale della Fondazione Filippo Turati Onlus, in occasione di un convegno dal titolo "Scegli oggi l'autonomia di domani", promosso dall'agenzia Generali di Pistoia.

25/10/22 - Giovanni Spiti

Ho avuto il piacere di essere stato invitato martedì 18 ottobre 2022 da una primaria compagnia di assicurazioni a parlare del problema inerente la non autosufficienza. Allo stesso convegno ero stato invitato tre anni fa e, quindi, ho esordito dicendo che in tale occasione nessuno si sarebbe mai immaginato che di lì a poco sarebbe successa una catastrofe di dimensioni così grandi che avrebbe stravolto la vita di tutti noi. Per chi gestisce RSA e centri sociosanitari è stata una situazione gestionale difficilissima per tantissimi motivi, che ha avuto purtroppo risvolti negativi anche sotto l’aspetto della tenuta economica delle nostre strutture.  La Fondazione Turati ha adottato in questi anni misure addirittura più restrittive rispetto a quelle imposte dalle normative e questo ha scongiurato perdite in termini di vite umane come purtroppo si sono registrate in altre realtà.

Di seguito i numeri relativi al Covid nel biennio 2020 e 2021:

 

L’eccesso di mortalità interessa più gli uomini e gli anziani.
Delle 58mila unità stimate come eccesso di mortalità nel 2021, circa 32 mila sono uomini e 26 mila donne, confermando che la pandemia colpisce letalmente soprattutto il genere maschile. In base all’età le perdite umane in eccesso si concentrano tutte dopo i 50 anni e risultano maggiori all’avanzare dell’età.
Si registra un eccesso di mortalità nelle età più fragili, che per gli uomini interessa soprattutto le classi 80-94 anni (oltre 16mila decessi in più), mentre per le donne prevale nella classe 85-99 anni (circa 18mila).

Un altro importante fattore da tener presente è la situazione demografica in prospettiva a medio e lungo termine e le aspettative di vita alla nascita:

 

 

Nel 2021 la speranza di vita alla nascita è stimata in 80,1 anni per gli uomini e in 84,7 anni per le donne.

Senza distinzione di genere risulta pari a 82,4 anni. Le stime, pertanto, mostrano un recupero rispetto al 2020, quantificabile in 4 mesi di vita in più per gli uomini e in circa 3 per le donne. Rispetto al periodo pre-pandemico, tuttavia, il gap rimane sostanziale. Nel confronto con il dato del 2019, per esempio, gli uomini subiscono una perdita in termini di speranza di vita alla nascita di 11 mesi, le donne di 7.

Non si smette di invecchiare nonostante la pandemia, in relazione al permanente regime di bassa fecondità, nonché al fatto che si vive sempre più a lungo, la struttura della popolazione prosegue il suo progressivo scivolamento verso le età senili, anche in una fase storica come quella corrente, caratterizzata dalla presenza del Covid con pesanti ricadute letali per la sopravvivenza della popolazione anziana.

Il trend demografico è segnato dal calo della popolazione che dai 59 milioni del 2021 passa ai 54 milioni del 2050 per poi accelerare fino ai poco meno di 48 milioni del 2070. Gli ultrasessantacinquenni passeranno dal 23,5% al 34,1% del 2070, così come gli ultraottantacinquenni saranno più che raddoppiati, dal 3,7% al 9,3%.

Un altro dato importantissimo e da tenere ben presente in quanto contribuisce ad accelerare il percorso che può portare alla non autosufficienza di una persona è lo stato familiare. Dalla slide sottostante possiamo, purtroppo, vedere che moltissime persone over 65 vivono in solitudine, con una forte prevalenza del genere femminile.

 

Il Frailty Index (indice di fragilità) tratto da Italia Longeva PC-FI si basa su 25 problemi di salute (comprendenti malattie croniche, aspetti funzionali e nutrizionali, segni, sintomi selezionati da un algoritmo informatico validato.

Attraverso una serie di elaborazioni si giunge alla individuazione di 4 livelli di fragilità, cui corrispondono altrettanti rischi e in prospettiva adeguate risposte. L’indagine è fatta su 89 province a livello nazionale e 8 in Toscana (mancano Siena e Livorno).

Sull’intero territorio nazionale, il 6,5% della popolazione over-60 frequentante il MMG è affetto da fragilità grave, mentre il 14,1% è affetto da fragilità moderata e il 35,5% da fragilità lieve. La proporzione di individui affetti da fragilità grave è lievemente maggiore tra i maschi (6,8% contro 6,2%) e cresce all’aumentare dell’età, passando dallo 0,8% nella fascia 60-65 al 17,3% nella fascia 80+.

La percentuale di over60 affetti fragilità grave varia dal 5,3% nell’area geografica del nord, all’8,2% nell’area del sud e isole, passando per il 6,2% nell’area centro.

In Toscana sono poco più di 50.000 le persone affette da fragilità grave, con una incidenza leggermente inferiore alla media nazionale.

 

Le risposte

L’assistenza domiciliare

Le cure domiciliari sono in costante crescita quantitativa ma la durata dei singoli interventi è quasi sempre breve mentre la sua intensità (le ore di assistenza settimanali) è spesso modesta. Per avere una idea della situazione occorre rammentare che attualmente sono erogate in media annua per ogni anziano assistito a domicilio solo 9 ore di lavoro dell’infermiere e altre 6 ore di altre professioni sanitarie (Ministero della Salute 2021). L’80% degli anziani assistiti a casa riceve da 1 a 3 accessi mensili. Le cure domiciliari, inoltre, non tengono conto delle esigenze complessive delle persone non autosufficienti che hanno un bisogno duraturo di aiuto anche e soprattutto nel compimento degli atti della vita quotidiana. Inoltre, in genere, non sono presenti sistemi di supporto, consulenza e informazione nelle 24 ore per quei pazienti domiciliari che possono avere delle urgenze percepite che, se risolte, potrebbero evitare ricoveri inappropriati. L’attuale modello di intervento non è in grado di intercettare una buona parte dei bisogni assistenziali domiciliari con particolare riferimento ai bisogni della non autosufficienza.

 

Assistenza presso le RSA

Gli inserimenti in RSA hanno visto un leggerissimo aumento: oltre all’impatto del Covid-19, pesa l’inadeguatezza delle risorse per quote sanitarie ed intervento sociale dei Comuni.

Anche per questa ci sono significative disparità territoriali.

In Toscana i posti letto complessivi di RSA sono 14.000, i posti letto accreditati e convenzionati sono 12.800 e la Regione Toscana garantisce la copertura per circa 9.000 posti letto, totalmente insufficiente per la copertura del fabbisogno. La tariffa delle RSA si distingue in due classi, una quota sociale ed una quota sanitaria. La quota sanitaria è appunto quella coperta dal SSR che, come detto poco fa, è del tutto insufficiente, l’altra è la quota sociale per la quale interviene il Comune di Residenza in base all’ISEE del cittadino. La quota complessiva è pari a circa 110 euro al giorno di cui il 50% di quota sanitaria ed il 50% di quota sociale.

Badanti e colf

Risulta sempre più diffuso il ricorso a colf e badanti: su circa 2,2 milioni stimate, oltre 1 milione sono irregolari.

Nel 2019 le famiglie italiane hanno speso complessivamente per colf e badanti 15,1miliardi​ di euro così suddivisi: 8 miliardi per badanti e 7,1 miliardi per colf. In questa cifra, sono compresi  i costi per i lavoratori domestici non in regola, che rappresentano quasi il 60% del totale del settore. Considerando invece il solo lavoro domestico regolare, la spesa annua si attesta sulla cifra di 7,1 miliardi: 5,7 di retribuzione netta più contributi previdenziali e Tfr.

Impossibile sostenere il costo economico con una pensione

Come ben sanno le famiglie che si avvalgono di una badante per assistere il proprio congiunto anziano o disabile, è praticamente impossibile poter pagare un lavoratore in regola con la sola pensione media dell’anziano: analizzando le entrate degli anziani con reddito prevalente da pensione, e i consumi medi degli ultra 65enni che vivono da soli, il margine di risparmio da destinare a un aiuto domestico è molto ridotto. La maggior parte dei pensionati (il 55%) può permettersi solo un’assistenza di 5 ore a settimana, ma se le ore passano a 25 la percentuale di chi può usufruirne cala drasticamente (20%) e solo pochissimi riescono a sostenere, con il solo reddito pensionistico, aiuti superiori.
Nel caso di​ assistenza a persone non autosufficienti​ la situazione precipita: in questo caso i pensionati che possono permettersi un’assistenza con personale adeguatamente preparato è del 4%. Percentuale che si alza tra il 6 e l’8% se si fa ricorso a lavoratori non formati.

Il risparmio per lo stato

Questa “compartecipazione famigliare” all’assistenza, il risparmio per lo Stato si attesta sui 10,9 miliardi di euro annui che altrimenti dovrebbero essere destinati dalle casse pubbliche alla gestione delle strutture di assistenza di anziani e non autosufficienti.

Come è ripartita tra regioni (anno 2018)

La spesa sanitaria

Vediamo a quanto ammonta la spesa per la sanità e quanto è sostenuta dal pubblico e quanto dal privato e volontariato.

Nel 2015 la spesa sanitaria complessiva era di € 150,4 mld, di cui 114,6 mld di spesa pubblica e 35,8 do spesa privata. Nel 2020 la cifra complessiva era di € 162,5 mld, di cui € 126,7 pubblica ed € 35,8 privata.

 

Nell’ambito dei servizi, l’assistenza ambulatoriale è la funzione in cui è maggiore la componente privata di finanziamento, con il 37% finanziato direttamente dalle famiglie e il 3% intermediato da regimi di finanziamento volontari. All’estremo opposto si collocano i ricoveri ospedalieri (ordinari e diurni), per i quali il finanziamento è quasi esclusivamente pubblico. Diversamente, nell’assistenza a lungo termine, sia ambulatoriale (presa in carico di particolari target di popolazione inseriti in programmi di assistenza continuativa quali, per esempio, i pazienti cronici o dei dipartimenti di salute mentale) che ospedaliera (tipicamente ricoveri in RSA), si assiste alla presenza di una quota rilevante di finanziamento privato, che passa dal 11% per l’assistenza ambulatoriale al 36% per l’assistenza ospedaliera. Rilevante è anche la componente privata per i servizi ausiliari (diagnostica per immagini e analisi di laboratorio, servizi di trasporto), che ammonta al 26%. Per i prodotti, la componente di spesa privata appare ancora più consistente: vale il 37% per i prodotti non durevoli (farmaci e altri prodotti medicali non durevoli) ed il 21% per le apparecchiature terapeutiche e gli altri prodotti durevoli (di cui il 6% tramite regimi di finanziamento volontari).

 

La spesa sanitaria privata procapite per regione (2019)

 

La non autosufficienza come priorità politica

Il 10 ottobre, il Governo Draghi – in occasione del suo ultimo Consiglio dei Ministri – ha approvato il testo del Disegno di Legge Delega per la riforma nazionale del settore della non autosufficienza. Una approvazione che dovrebbe così avviare l’iter della riforma, che prevede nell’autunno la seconda fase del procedimento legislativo: la discussione del Disegno di Legge Delega in Parlamento, che avrà tempo sino a primavera 2023 per portarlo a termine. Un traguardo atteso da trent’anni che, nel frattempo, è stato raggiunto in tutti i Paesi europei simili al nostro.

il Disegno di Legge Delega prevede:

  1. l’introduzione di un Punto Unico di Accesso – presso le Case di Comunità – quale luogo fisico di facile individuazione che offra informazioni sugli interventi disponibili, orientamento su come riceverli e supporto nelle pratiche amministrative (volto, dunque, a ridurre le distanze tra i servizi e i beneficiari);
  2. la Valutazione multidimensionale unificata, che assorbe le diverse valutazioni nazionali esistenti e definisce la possibilità di ricevere le prestazioni statali. Alla Valutazione è collegata la successiva valutazione multidimensionale territoriale, di competenza di Regioni e Comuni, per ottenere le prestazioni di loro responsabilità: svolta la prima, gli anziani sono indirizzati alla seconda, che parte dalle informazioni raccolte in precedenza;
  3. la valorizzazione di una “nuova domiciliarità“, capace di assicurare risposte unitarie da parte di Comuni e ASL e offrire un appropriato mix di prestazioni: medico-infermieristico-riabilitative, garantendo l’assistenza per il tempo effettivamente necessario;
  4. la considerazione, in sede di valutazione delle condizioni della persona anziana e di successiva definizione del Piano Assistenziale Integrato, delle condizioni del caregiver familiare, ove presente, con riguardo ai suoi specifici bisogni di supporto, anche psicologico. La delega prevede interventi di formazione e certificazione delle competenze acquisite nel corso dell’esperienza sviluppata e, inoltre, forme integrate di sostegno, per evitare che l’impegno assistenziale possa costituire un pregiudizio per la vita lavorativa.

La proposta mira essenzialmente a raggiungere lo scopo del cosiddetto invecchiamento attivo, per la promozione dell’autonomia delle persone anziane e il benessere degli assistenti familiari a supporto degli anziani non autosufficienti. Appaiono invece non particolarmente focalizzati i temi della residenzialità e della tutela dei caregiver familiari, lasciando intravedere margini di miglioramento della proposta.

Problemi aperti

Quella delineata è la situazione della fragilità e della non autosufficienza allo stato attuale e, per quanto riguarda l’ipotesi di riforma, in prospettiva.

È necessario individuare però i problemi che concretamente si trovano di fronte le persone e le famiglie.

Le risposte che cercherò di sintetizzare si basano sull’esperienza diretta sul campo fatta dalla Fondazione Turati, che con le sue strutture assiste tutta la vasta gamma della post-acuzie (cioè dei bisogni di cura che si manifestano a valle dei momenti acuti delle malattie che vengono trattati in ospedale) con particolare riferimento ai ricoveri a lungo termine come quelli offerti in RSA per anziani non autosufficienti, RSD per disabili gravi, reparti per soggetti affetti da Alzheimer e in stato vegetativo permanente e dalla Fondazione Raggio Verde che assiste minori e adulti affetti da disturbi dello spettro autistico.

Le difficoltà sono ovviamente molteplici ma le principali rispondono essenzialmente a due questioni:

  1. L’adeguatezza della risposta al bisogno, cioè avere la soluzione migliore e più appropriata a fronte del problema che ha quella data persona;
  2. Il costo della risposta;

Ad oggi il settore della Long Term Care (assistenza a lungo termine) ha le seguenti caratteristiche:

  1. è prevalentemente privato
  2. l’offerta di servizi è largamente inferiore alla domanda potenziale
  3. ha costi molto elevati
  4. presenta un’alta percentuale di improvvisazione e di scarsa professionalità

A questa situazione si sta cercando di dare una risposta con il Disegno di legge Delega per la riforma del settore della Non Autosufficienza ma l’impresa è titanica sia per lo stato della finanza pubblica italiana sia per l’eccessiva burocratizzazione di tutto il settore pubblico sia per la difficoltà di trovare delle risposte valide a fronte dell’enorme varietà di casistiche del settore.

È auspicabile che le cose migliorino ma il progresso sarà minimo rispetto a quello che sarebbe necessario anche perché la risposta principale della riforma sarà il potenziamento dell’assistenza domiciliare che è certamente una cosa giusta e da perseguire ma che può essere una risposta valida solo per una parte dei problemi concreti che si porta dietro il forte invecchiamento della popolazione.

Anche domani sarà la famiglia a doversi fare carico, in misura maggiore o minore, dei problemi della persona fragile, disabile o non autosufficiente. Così diventa estremamente importante intervenire sulla seconda delle difficoltà evidenziate, vale a dire il costo di una risposta adeguata al bisogno di quella data persona.

Anche in caso di intervento pubblico che attualmente è molto basso (si pensi solo che in Toscana a fronte di 14mila posti nelle RSA, il pubblico riconosce, esclusivamente per mancanza di soldi, solo 9000 quote sanitarie che di regola coprono circa la metà dei costi di un ricovero in RSA che oggi oscilla intorno ai 3000 euro al mese) le cifre da pagare di tasca propria sono comunque notevoli. Ma poi c’è da considerare il disagio sociale, la difficoltà di tenere in case che spesso sono piccole e scomode persone con problemi gravi, oppure al contrario si pensi alla necessità di una famiglia con soggetto disabile fisico o intellettivo di sapere cosa riserverà il futuro al loro congiunto (il Dopo di Noi), di trovargli una collocazione che non necessariamente deve essere una struttura ma anche una casa dotata di una certa assistenza etc. Sul problema del Dopo di Noi si stanno muovendo molte realtà del volontariato (anche la Fondazione Raggio Verde sta muovendosi in maniera più strutturata) ma nel settore le difficoltà e i costi sono ancora maggiori.

Proposta

Risulta opportuno intervenire nel settore attraverso ad esempio polizze assicurative appositamente studiate per garantire la copertura di una parte dei costi per una soluzione di Long Term Care (badante, servizi integrativi a quelli offerti dal pubblico, quota-parte di retta in una struttura) oppure per garantire in tutto o in parte il Dopo di Noi. Sotto quest’ultimo aspetto, che negli anni a venire prenderà sempre più spazio e assorbirà sempre più risorse potrebbe anche essere creato un trust che è un istituto giuridico con cui i beni del patrimonio di un soggetto vengono separati per perseguire specifici interessi a favore di determinati beneficiari oppure per raggiungere uno scopo determinato. I beni separati vengono gestiti da una persona (trustee) o da una società professionale (trust company) magari in collaborazione con Enti del Terzo Settore, come ad esempio Fondazione Turati o Fondazione Raggio Verde, che già operano nel settore.

 

 

 

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Info Giovanni Spiti

Il dr. Giovanni Spiti è direttore amministrativo e segretario generale della Fondazione Filippo Turati Onlus.

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