Invecchiamento e abitare per società longeve, sostenibili e solidali
di Franca Maino
Quasi 14 milioni di over-65, la metà dei quali ultrasettantacinquenne, posizionano l’Italia tra i Paesi più vecchi al mondo. L’aumento dell’aspettativa di vita, una conquista della modernità, si accompagna però a un maggior numero di anni che le persone rischiano di vivere in condizione di parziale o totale mancanza di autonomia funzionale e/o cognitiva.
Con riferimento alla sfida demografica è quindi necessario, oltre che urgente, investire su nuove politiche per l’invecchiamento e la longevità tenendo conto dei bisogni – diversificati in relazione alle diverse fasi della vita oltre i 65/70 anni – e delle potenzialità associate al progresso della medicina e dello stato di salute della popolazione. Tra i bisogni ci sono anche quelli legati all’abitare (oggetto del Convegno promosso dalla Fondazione Filippo Turati e dal Comune di Pistoia) e la crescente attenzione verso le conseguenze della transizione climatica sul welfare considerando al contempo rischi e potenzialità della transizione digitale. Da questo punto di vista qualsiasi investimento oggi non può prescindere dal passare da un approccio che si focalizza esclusivamente sul welfare ad un paradigma che sempre più guarda al cosiddetto “welfare eco-sociale” prendendo in considerazione i nessi tra politiche sociali e politiche ambientali da un lato e digitalizzazione al servizio della casa (domotica) e della salute dall’altro. Altrettanto strategico è il rapporto sempre più stretto e sinergico tra pubblico e privato in un contesto che sia al contempo più attento alle comunità locali e ai territori e valorizzi il contributo di istituzioni pubbliche, del Terzo settore, della società civile e del privato profit.
In questo quadro l’investimento principale dovrebbe ruotare intorno alla costruzione di “comunità amiche della longevità” che favoriscano la predisposizione di ambienti e spazi urbani e periurbani idonei a favorire un invecchiamento sano e una longevità attenta alla progressiva trasformazione dei bisogni eco-sociali. Lo scopo è promuovere una vita longeva (a cominciare dall’infanzia) favorendo scambi e sinergie intergenerazionali.
Rendere le comunità locali più adatte agli anziani e ad una popolazione longeva è un’azione necessaria per promuovere il benessere e il coinvolgimento di un’ampia porzione di cittadini e mantenere le città prospere, sostenibili e inclusive per le persone a livello individuale, familiare e collettivo.
Le comunità per la longevità sono luoghi che incoraggiano l’invecchiamento attivo e contrastano la fragilità sociale e relazionale ottimizzando le opportunità di salute, partecipazione e sicurezza per migliorare la qualità della vita mentre le persone invecchiano. Devono quindi prevedere politiche, servizi e strutture che supportino e abilitino le persone ad invecchiare attivamente e in buona salute, riconoscendo l’ampia gamma di capacità, risorse e stili di vita delle stesse persone anziane, anticipando e rispondendo in modo flessibile ai bisogni e alle preferenze legate all’invecchiamento, proteggendo le persone più vulnerabili e promuovendo la loro inclusione e il loro apporto in tutti gli ambiti della vita della comunità in cui vivono. Al contempo sono comunità locali che lavorano sulla prevenzione e sulla predisposizione di strutture finalizzate agli anziani a rischio fragilità e non autosufficienza.
Si tratta però di prevedere e sviluppare investimenti, coprogettazioni e partnership pubblico-privato riguardanti alloggi, spazi interni ed esterni, infrastrutture e trasporti che garantiscano sicurezza, mobilità e socialità; servizi sociali, sanitari e culturali improntati ad un approccio integrato e finalizzato al benessere delle persone e alla loro partecipazione attiva alla vita delle comunità; comunicazione e informazione per favorire l’incontro tra domanda e offerta, aggregazione dei bisogni e delle risposte, logiche di condivisione quali elementi in grado di incidere sia sulle determinanti sociali sia su quelle sanitari riguardanti la salute e il benessere psicofisico.
Oggi, grazie a studi e ricerche, abbiamo dei punti di riferimento certi di cui dobbiamo tenere conto. Rispetto alle condizioni abitative, le case di proprietà sono sovente inadeguate ai bisogni dell’età anziana (sono spesso grandi, costose, con barriere architettoniche e prive di supporti). In merito al rischio solitudine, questa è una condizione sempre più frequente che produce insicurezza, decadimento delle funzioni cognitive, insorgenza di sindromi depressive. È sempre più necessario “preparare” la fase avanzata dell’invecchiamento in un momento precedente, quando il desiderio di progettare, di mettere in discussione le abitudini e gli stili di vita e la capacità di adattarsi sono ancora elevati. Il costo dei supporti e dei servizi di cui si ha progressivamente maggior bisogno con l’avanzare dell’età può essere contenuto grazie al mutuo aiuto dei vicini, alla condivisione dei servizi e alla presenza del welfare di prossimità. È possibile promuovere un cambiamento culturale nelle generazioni attuali creando condizioni che inducano stili di vita sani e comportamenti aperti alle relazioni. E, infine, che il coinvolgimento civico degli anziani produce effetti benefici reciproci per l’anziano e per la comunità in cui vive ed è inserito, trasformando la vecchiaia da costo in risorsa collettiva.
Si tratta, quindi, di pianificare intenzionalmente le migliori circostanze possibili dal momento in cui le persone nascono invece che adattarsi reattivamente alle conseguenze di aver vissuto in determinati ambienti al raggiungimento della vecchiaia. Un tale punto di vista dovrebbe portare a prevedere, in ogni fase della coprogettazione e pianificazione degli interventi e delle politiche, considerazioni su come la comunità locale possa trasformarsi in relazione alle conseguenze delle transizioni demografica, dei sistemi produttivi, digitale e ambientale in corso.
In questa cornice, interventi più specifici in grado di innervarsi e fiorire in strategie di lungo periodo che mirano alla costruzione di comunità per la longevità dovrebbero riguardare:
- la riqualificazione di strutture/edifici per la creazione di nuove forme dell’abitare
come i senior social housing per la longevità attiva (ne è un esempio la rifunzionalizzazione del complesso Villa Mater a Rivoli, in provincia di Torino, descritta nel Rapporto); - investimenti su forme innovative di spazi e strutture di residenzialità leggera da affiancare a strutture calibrate sulle esigenze dei grandi anziani (over 80/85) in condizioni di non autosufficienza o a rischio non autosufficienza;
- progetti di coabitazione intergenerazionale che prevedano strutture condivise tra giovani e anziani e/o tra soggetti in situazione di fragilità e persone che scontano situazioni di solitudine ma non necessariamente a rischio di vulnerabilità. I primi non pagherebbero nessun affitto e beneficerebbero di un ambiente abitativo accogliente e sostenibile offrendo in cambio assistenza leggera e attività di mutuo aiuto ai secondi. Progetti che avrebbero il vantaggio di agire su due target diversi con lo stesso intervento;
- creazione di punti unici di accesso e hub sociali per favorire l’integrazione tra i servizi socio-culturali e l’aggregazione dei bisogni;
- progetti di animazione di comunità attraverso l’investimento su nuove figure di prossimità con competenze in ambito socio-sanitario e capacità di attivazione secondo la logica del cosiddetto “welfare di iniziativa”;
- progetti che esplorino il ricorso alla digitalizzazione in campo sociale e sanitario, con specifico riferimento (ma non esclusivo) alla cronicità e alla multimorbilità degli anziani fragili e non autosufficienti (dalla telemedicina al telesoccorso fino alla domotica).
In conclusione, dal Rapporto presentato appare chiaro quanto oggi sia sempre più necessario coprogettare e coprogrammare interventi e servizi che si diano almeno due obiettivi. Da un lato, dopo una fase sperimentale, quello di diventare programmi e vere e proprie politiche locali per la longevità attiva. Dall’altro, mettere al centro le persone longeve coprogettando servizi, interventi e spazi abitativi a loro rivolti, che prevedano un loro contributo diretto nell’ideazione, creazione ed erogazione dei servizi e nella co-gestione degli spazi (investendo sul coinvolgimento attivo e responsabilizzante di tutte le persone longeve e valorizzando le loro capacità e competenze), e che favoriscano il loro coinvolgimento alla vita della comunità attraverso interventi e azioni di prossimità erogate da terzi (nelle reti di quartiere, da enti del Terzo settore ed enti pubblici locali) con finalità di socializzazione e/o di care multidimensionale.
Franca Maino, docente all’università degli studi di Milano e direttrice del Laboratorio Percorsi di secondo welfare