I cittadini si lamentano per le lunghe liste di attesa per accedere, presso le strutture della sanità pubblica, alle prestazioni specialistiche ambulatoriali e diagnostiche che spesso li costringono a rinunciare. In questa generale protesta, sulla quale si è già scritto si aggiunge l’indignazione per la possibilità offerta a chi se lo può permettere di saltare la coda accedendo al professionista prescelto che operi in libera professione intramoenia.
La libera professione “intramoenia” si riferisce alle prestazioni erogate al di fuori del normale orario di lavoro dai medici di un ospedale, i quali utilizzano le strutture ambulatoriali e diagnostiche dell’ospedale stesso a fronte del pagamento da parte del paziente di una tariffa. Le prestazioni sono generalmente le medesime che il medico deve erogare, sulla base del suo contratto di lavoro con il Servizio Sanitario Nazionale, attraverso la normale operatività come medico ospedaliero.
Le tariffe sono fissate in misura tale da remunerare il professionista, l’equipe, il personale di supporto, i costi pro-quota per l’ammortamento e la manutenzione delle apparecchiature nonché ad assicurare la copertura di tutti i costi diretti ed indiretti sostenuti dalle aziende.
Per assicurare un corretto ed equilibrato rapporto tra attività istituzionale e corrispondente attività libero professionale e al fine di concorrere alla riduzione progressiva delle liste di attesa, quest’ultima non può comportare, per ciascun dipendente, un volume di prestazioni superiore a quello assicurato per i compiti istituzionali.
In sostanza si tratta di prestazioni che consentono alle aziende sanitarie di beneficiare di entrate aggiuntive e che riducono la pressione sulle liste di attesa, almeno per la parte che in assenza dell’intramoenia si indirizzerebbe sulla struttura pubblica verso la struttura pubblica, senza dimenticare l’incentivo a professionisti apprezzati a prestare servizio presso la struttura pubblica preferendola alla libera attività professionale o ad arricchire l’offerta della sanità privata.
Annualmente AGENAS, Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, produce un rapporto sulle prestazioni prenotate in attività libero professionale riferite a 69 prestazioni.
I dati sulle prestazioni erogate in regime libero professionale intramoenia (ALPI)
Il Rapporto appena pubblicato riporta i dati riferiti all’anno 2022 dai quali risulta che:
✓ circa il 56% delle prenotazioni ha un tempo di attesa inferiore ai 10 giorni;
✓ circa il 30% delle prenotazioni viene fissato tra gli 11 e i 30/60 giorni (a seconda che si tratti di una visita specialistica o di una prestazione strumentale);
✓ solo per il 14% delle prenotazioni si deve attendere oltre i 30/60 giorni
L’89,9% delle prestazioni viene erogato esclusivamente all’interno degli spazi aziendali,il 9,8% esternamente all’azienda ma secondo le tipologie previste (studi privati collegati in rete o presso altre strutture pubbliche previa convenzione). Solo un residuale pari a 0,3% di attività viene svolta ancora presso studi non ancora collegati in rete.
L’analisi dettagliata dei volumi di prestazioni a livello aziendale consente di monitorare l’equilibrio del rapporto tra l’attività erogata in ALPI e quella erogata in regime istituzionale, rapporto che non deve superare il 100%: n 16 regioni su 21 si rileva almeno una situazione in cui il rapporto è superiore a 100% soprattutto nell’ambito della visita e dell’ecografia ginecologica.
Come registrato negli ultimi anni, la visita cardiologica (588.343) la prestazione più erogata in ALPI, seguita dalla visita ginecologica (476.643) da quella ortopedica (466.466), dall’elettrocardiogramma (357.526) e dalla visita oculistica (354.319).
Nel 2022, l’elettrocardiogramma (4.019.765) è la prestazione più erogata in attività istituzionale, seguita, dalla visita ortopedica (3.913.053), dalla visita oculistica (3.863.165), dalla TC (3.549.498) e dalla visita cardiologica (3.423.248).
Dopo una forte riduzione dei volumi sia in istituzionale che in ALPI registrata nell’anno
2020, dovuto all’emergenza Covid, i dati mostrano un netto recupero delle prestazioni:
- nel 2019 le prestazioni erogate in Alpi erano state 4.765.345 mentre sono state 4.932.720 nel 2022
- nel 2019 le prestazioni in istituzionale erano state 58.992.277, salite nel 2022 a 59.793.294
il rapporto tra i volumi di “visite specialistiche” erogate in ALPI e i volumi di prestazioni erogati in regime istituzionale registra, a livello nazionale, valori compresi tra il 3%-4% (visita fisiatrica e visita oncologica) e il 31% (visita ginecologica), mentre quello tra i volumi di prestazioni strumentali/diagnostica per immagini/altri esami specialistici ha valori compresi tra l’1% (TC, mammografia monolaterale, elettrocardiogramma dinamico (holter), ecografia monolaterale della mammella, fotografia del fundus) e il 36% (ecografia ginecologica).
Le prestazioni erogate a scala regionale
Il rapporto AGENAS presenta anche i dati alla scala regionale per tutto il paese: come di consuetudine, si riportano i dati relativi alle otto più grandi regioni a statuto ordinario del paese.
Nel 2022 in totale in Italia sono state richieste 1.098 prestazioni per 1.000 abitanti, con una leggera crescita rispetto al 2019 (anno di raffronto ante pandemia) da 1.080 prestazioni: quelle erogate in ALPI crescono da 81 a 84 (+3) mentre quelle passate attraverso i servizi istituzionali sono passate da 999 a 1.014 (+15).
Il più elevato numero di prestazioni per 1.000 abitanti si registra in Emilia-Romagna (1.697, in calo di 166 sul 2019) dove si combina il più elevato numero di prestazioni in ALPI (149, in crescita di 7 sul 2019) e nei servizi istituzionali (1548, con una riduzione di 173 sul 2019).
Di poco sopra a 1.300 prestazioni si collocano tre regioni: Lombardia, Toscana e Veneto, con andamenti tuttavia significativamente differenziati.
In Lombardia crescono in misura assai consistente fino a 1.312 per 1.000 abitanti (+495), con le prestazioni in ALPI leggermente in calo (a 78 da 85) ed un forte recupero di quelle in servizi istituzionali (a 1.234 da 732, con un + 502).
In Toscana il totale delle prestazioni scende a 1.307 da 1.470 (- 163), un risultato che assieme ad un leggero calo delle prestazioni in ALPI ( a 87 da 95) presenta un consistente calo nei servizi istituzionali (a 1.165 da 1.320, con un calo di 155).
Il Veneto mostra invece una sostanziale stabilità: le prestazioni totali calano di 8 nel 2022, a 1.304 da 1.312 del 2019, sono stabili quelle in Alpi a 104, in leggero calo quelle istituzionali a 1.200 da 1.208.
Il Piemonte mostra invece il più consistente calo di prestazioni erogate, a 1.118 da 1.343 del 2019 (-225), con il calo quasi tutto nelle prestazioni via servizi istituzionali (- 217) e un modesto -8 tra le prestazioni in ALPI.
Da Roma in giù il totale delle prestazioni per 1.000 abitanti scende sotto la soglia 1.000 nel 2022: sono state 939 in Puglia, 909 nel Lazio ed addirittura solo 707 in Campania.
La Puglia scende da 1.100 totali (- 155) con un calo concentrato nelle istituzionali (da 1.051 a 939) mentre in ALPI, già a livello assai basso, è contenuto, da 49 a 41.
Nel Lazio: a differenza di tutte le altre regioni considerate, l’aumento è dovuto esclusivamente alle prestazioni in ALPI il totale delle prestazioni cresce a 909 da 807 (+102) , soprattutto per l’incremento di quelle istituzionali saliti a 909 (+102) mentre sono fermi quelli in ALPI, a 55 (+3).
Il dato più basso lo si registra in Campania, dove il totale delle prestazioni si ferma a 707, con un incremento di 42 sul 2019. E’ la regione che segna la maggior crescita delle prestazioni in ALPI salite a 69 (+44 sul 2019) mentre quelle istituzionali calano a 638 (-2).
A livello nazionale nel 2022 le prestazioni in ALPI hanno coperto il 7,7% del totale delle prestazioni che è stato possibile erogare in presenza dei vincoli finanziari ed organizzativo-gestionali dei diversi Servizi Sanitari Regionali.
Il contributo delle prestazioni libero professionali è decisamente maggiore in Toscana (10,8%) ed in Campania (+9,8%) ma è al di sopra della media nazionale anche in Emilia- Romagna, Veneto e Piemonte.
Dà un apporto decisamente minore nel Lazio e in Lombardia, attorno al 6% mentre è decisamente modesto in Puglia (4,4%):