Buonasera, penso che questa mattina davvero sia stato illustrato molto bene l’accreditamento dalla dottoressa Barbara Trambusti e dalla dottoressa Luciana Galeotti che ci hanno delineato un quadro preciso e illustrato lo stato dell’arte della nuova normativa, poi rafforzato dalle parole molto forti dell’assessore. Adesso invece vorrei ritornare sugli obiettivi, perché al di là dei modelli gestionali delle Rsa penso che bisogna in qualche modo tutti: gestori pubblici, privati, operatori, Regione, condividere un valore. Secondo me il valore è la possibilità, siamo qui a dire che l’accreditamento deve servire a assicurare la qualità nelle strutture, assicurare il benessere di chi ci vive come diceva giustamente Andrea Blandi, questo è un punto di partenza e da qui potremo ognuno anche prendere strade diverse, però l’obiettivo va condiviso. Da questo punto di vista penso che vada affermato un principio fondamentale, la Qualità è un diritto dell’utente, tutti noi in qualunque servizio a cui bussiamo, vogliamo una qualità maggiore; quando andiamo al bar a prendere il gelato, quando montiamo sull’aereo, anche chi vive l’ultima parte della propria vita in uno stato anche problematico ha diritto alla qualità, questo è quello che è penso! E penso che sia anche il messaggio forte che anche la Regione ha voluto mettere dietro all’accreditamento, quindi l’accreditamento diventa un giusto principio per controllare la qualità che erogano i gestori delle strutture siano pubblici o privati. Come si dice in Cina l’importante non è vedere di che colore è il gatto, ma basta che chiappi il topo!
Penso sia importante allora che questo valga per tutti come principio giustamente, anche per equità e omogeneità come ha ribadito la Regione da altri punti di vista. Vediamo il concetto di Qualità, che qualità si vuole dentro a queste residenze? Perché, come spiegava anche prima Mario Iesurum, ci sono tanti tipi di qualità e sistemi di qualità, si tratta di capire quelli che sono burocratici, quelli da bollino blu o quelli che vengono usati per implementare e accrescere il sapere e la formazione degli operatori. L’importante è declinare il concetto di Qualità all’interno delle varie strutture, nelle strutture che dirigo, Villa Serena di Montaione ed il Del Campana Guazzesi di San Miniato, abbiamo il Q&B qualità e benessere, perché lo riteniamo un modello molto valido dal punto di vista del capire cosa si misura, bollini rosa e argento. Abbiamo partecipato fin dall’inizio al percorso dell’Ars per capire come si stabiliscono gli indicatori, fino dall’inizio del percorso del Mes per capire le performance … Quindi penso che davvero la qualità debba essere un’ossessione per tutti.
Molti sono convinti che la qualità costi troppo, e allora si dice che l’Italia non se la può permettere. Secondo me costa molto di più la non qualità, lo spreco, le risorse inutilizzate, la demotivazione, il benessere non assicurato, le critiche degli utenti, quindi da questo punto di vista bisogna in qualche modo ribaltare il principio e credere nella qualità come elemento che vorremmo Noi come utenti per un nostro servizio. Se si parte da questo presupposto, poi anche i sistemi che ci vengono proposti diventano sistemi interessanti. Ho visto diverse organizzazioni, tutto serve, l’importante è partire e voler arrivare all’obiettivo comune che è quello di fare stare meglio le Persone… In questo senso l’accreditamento diventa un elemento che deve stimolare la qualità e deve aiutarci nella migliore produzione del Benessere possibile all’interno delle Rsa, penso che l’accreditamento ci possa aiutare per avere vantaggi in tal senso.
Se non c’è misurabilità non si ha qualità. Allora bisogna capire come si misura la qualità dentro le Rsa e definire il monitoraggio, i fattori, gli indicatori, lo standard e capire poi chi sono i controllori. In merito voglio indicare alcuni i timori o comunque alcune idee che butto là. Noi oggi abbiamo mille tipi di indicatori: abbiamo quelli messi, quelli del Mes, quelli dell’Ars, si tratta di capire: che ne facciamo di questi indicatori del Mes? Sono presenti, sono performance, vengono riguardati, vengono buttati via? Perché penso che la cosa che nessuno fa è volere lavorare su doppioni e sovrapporre i sistemi, altrimenti c’è lo spreco e le risorse non ci sarebbero.
Si tratta di dire che invece è opportuno integrarli, va preso un discorso da un sistema, un discorso dall’altro per costruire il nostro sistema, quindi anche gli indicatori non ci vedo niente di male prendere quelli del Mes, l’importante è non tornare dodici volte sopra sulle cadute (una per il Mes, una per l’accreditamento, una per l’Iso…), perché altrimenti non sappiamo cosa metterci nelle varie statistiche, nei vari indicatori.
Parlo di indicatori dove si dice cosa quale obiettivo si voglia raggiungere prima di usarli, soprattutto si devono spiegare le modalità di monitoraggio, come ci si arriva perché altrimenti l’altra volta erano solo 140 numeri senza dire cosa si intendeva fare. Per gli indicatori, non dovrebbero essere indicatori nudo e crudo, ma dovrebbe essere spiegato, come mi sembra sia stato illustrato nei requisiti stamattina per alcuni, cioè cosa si intende per quegli indicatori. Occorre rilevare che altrimenti il Mes ha già un sistema, costruito fra l’altro insieme a molte Rsa. D’altronde dispiacerebbe scoprire che si fanno altri indicatori, soprattutto per chi ha partecipato da otto anni ad elaborati a definirli. Buttare via un sistema, come quello dei bersagli del Mes, che bene o male si è fatto noi, non è che l’ha fatto l’università, sarebbe sbagliato. Allora nel nuovo accreditamento penso che vadano ripresi quegli indicatori con cui siamo partiti, per esempio con l’Ars sul discorso del mangiare, allora prendiamone uno e lavoriamo su quello ed approfondiamo quello, perché altrimenti rischiamo di fare una sovrabbondanza dove non si capisce più cosa si misura. Questo è un discorso molto chiaro e semplice che inviterei anche l’Ars a considerare, cioè vorrei che anche come direttori essere consultati su questi indicatori, perché va detto che come direttori siamo una componente essenziale e tecnicamente preparata.
Noi abbiamo detto che si passava da un accreditamento burocratico a uno sostanziale e omogeneo e questo è giusto, allora facciamo in modo che non ci siano dei superburocrati nelle commissioni, ma gente competente, occorre cioè una verifica tra pari, tra gente che sa di cosa si parla, che se entra dentro una Rsa sa dove si trova.
Questo delle commissioni è un discorso che spesso e volentieri si fa, bisogna un attimo capire come anche a livello tecnico possiamo essere coinvolti come responsabili di queste strutture, occorre avere un confronto a vari livelli: forse tra commissioni, tra gruppo di lavoro regionale, gestori e direttori, se ci si confronta si trova l’unità di intenti ed anche la necessaria formazione.
Forse una formazione congiunta dove non si fa ai controllori per usare le pistole verso di noi, né a metterci lo scudo per non prendere la fucilata, forse una formazione congiunta tra le strutture, le commissioni regionali è necessaria, perché ho visto che dove anche le commissioni vigilanza a suo tempo hanno fatto un percorso comune con coloro che dovevano essere controllati è migliorata la qualità, gli spauracchi sono finiti e abbiamo parlato veramente. Quindi forse una formazione che in qualche modo coinvolge i controllori e i controllati una volta che si è definito cosa andiamo a controllare, permetterebbe anche di oleare il sistema e di cercare di avere più sostanzialità rispetto ad un discorso burocratico del controllo, questo mi sembrava opportuno dirlo.
*L’articolo è ricavato dagli interventi del dottor Delio Fiordispina nel corso della tavola rotonda “I fattori chiave nel processo di accreditamento”, tenutasi in conclusione del convegno “Il nuovo accreditamento socio-sanitario toscano”, promosso dalla Fondazione Filippo Turati (con il patrocinio del Comune e di Ars Toscana) a Pistoia il 12 ottobre 2018.