Il saldo negativo tra i pensionamenti e i nuovi ingressi nel Servizio sanitario nazionale provocherà entro i prossimi cinque anni una carenza di medici. Per l’Anaao, Associazione medici e dirigenti del Ssn, il deficit sarà attorno alle 20mila unità. A esserne colpite saranno soprattutto le categorie fragili, come gli anziani. Lo conferma Beppino Montalti, presidente dell’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri della provincia di Pistoia.
Dottore, l’allarme è dunque fondato?
«Assolutamente sì, per un doppio fattore. Innanzitutto per i circa 35mila medici in uscita per pensionamento: a ciò, però, non corrisponde un aumento del numero di iscrizioni alle facoltà universitarie di Medicina. Quest’anno, in realtà, è stato messo in atto un primo tentativo di incremento delle borse di studio per le scuole di specializzazione. Ma il numero chiuso programmato dovrebbe essere veramente tale, ossia basato sulle necessità. Inoltre, l’organico degli ospedalieri e dei medici di medicina generale è sottostimato. Il tema è all’ordine del giorno della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo); un’altra risposta operativa e professionale al problema è stata suggerita dall’Enpam, l’ente di previdenza dei medici, la quale propone di consentire agli studenti iscritti agli ultimi due anni di università di lavorare negli ospedali».
Qual è la situazione nelle zone decentrate, come ad esempio la Montagna pistoiese?
«Nei comuni montani generalmente si parla di piccoli numeri. Certo, se il 50% di medici andasse in pensione nei prossimi anni qualche difficoltà ci sarebbe. Al momento la situazione è gestita con i sostituti, giovani Mmg iscritti alle apposite graduatorie: ma la loro nomina richiede sempre un’attesa di due o tre mesi. Quando viene attribuito un incarico in via definitiva, inoltre, non è detto che chi lo riceve non richieda il trasferimento di lì a poco, magari perché si è liberato un posto più vicino a casa. In questo modo inizia quindi un turn over che impedisce quella continuità tanto importante per alcune persone, come gli anziani. E non solo: la maggior parte dei pazienti sceglie i propri medici di famiglia mantenendo con loro rapporti e legami forti, spesso anche di amicizia. Secondo uno studio della scuola superiore Sant’Anna, la loro figura ispira la fiducia degli assistiti nel 72% dei casi».
La città di Pistoia, invece, che quadro offre?
«Un quadro simile a quello appena descritto, con in più la questione della mancanza di medici ospedalieri. È necessario ripristinare il numero di unità previste nelle piante organiche dei nosocomi per poter poi verificare anche qualche ulteriore estensione. Da sottolineare che attualmente il personale medico regala un gran numero di ore al Ssn, lavorando ore che in più che non gli vengono retribuite: complessivamente 15 milioni l’anno, come denunciato dall’Anaao. Le lacune sono evidenti nei periodi festivi, di ferie o in estate. E la presenza di maggiori turni da coprire fa emergere un secondo problema, quello della continuità assistenziale. Altro nodo da affrontare con urgenza, quello della carenza di medici negli organici del 118, dovuta anche al fatto che non sono stati fatti i relativi bandi. Ciò causa una pericolosa confusione tra medici e infermieri, spesso usati in sostituzione dei primi: ma queste due figure, entrambe fondamentali, non possono esser considerate interscambiabili».
C’è anche un problema di minore attrattiva della professione medica nei giovani?
«In realtà le scuole di specializzazione al momento non sono in grado di assorbire tutti i laureati. Come Fnomceo, la nostra idea è raccordare tale numero; sarebbe efficace anche consentire ai non specializzati di prestare servizio nelle guardie mediche. A proposito delle specializzazioni bisogna però ricordare un problema serio: quello dei ricorsi legali. L’aggressività di molti studi legali, che magari offrono assistenza gratuita, non è etica. E ha provocato un calo di iscrizioni in specializzazioni quali chirurgia, ortopedia e ostetricia, che corrispondono agli ambiti più a rischio. Anche perché le assicurazioni non sono più sufficienti a coprire tali rischi».
Quali i cambiamenti in vista nella sanità in Toscana?
«Innanzitutto, da noi le liste di attesa sono la prima causa di fuga dal Ssn. La decisione da parte della Regione di tagliare l’intramoenia in questo senso non favorirà. Nonostante le convenzioni con i privati, infatti, non è stata fatta distinzione tra le prestazioni perché si è ragionato in termini di pacchetti. Le liste di attesa maggiori sono in chirurgia, per gli interventi non urgenti: anche qui, è determinante la carenza di personale, che per esempio al San Jacopo non consente l’utilizzo di tutte le sale operatorie disponibili. Il livello della sanità toscana, comunque, è complessivamente elevato, ma il progressivo invecchiamento della popolazione potrà creare problemi: gli anziani presentano soffrono di maggiori patologie e c’è bisogno di strutture extraospedaliere adeguate a patologie come l’Alzheimer, decisamente in aumento: se non ne creeremo di nuove, gli ospedali e le cliniche per acuti si scontreranno con queste realtà».