Roma, marzo 2023 – Lo scorso 8 marzo Aiop, Associazione italiana ospedalità privata, ha presentato al Senato il 20° Rapporto sull’attività ospedaliera in Italia “Ospedali&Salute“, realizzato in collaborazione con Ermeneia – Studi & strategie di sistema. Attraverso un’analisi dei servizi sanitari, dell’evoluzione del settore, dei costi, delle difficoltà di accesso e della qualità percepita dai cittadini, è stato preso in considerazione il triennio di pandemia: dalla fase dell’emergenza straordinaria nel 2020 a quella proattiva del 2021, caratterizzata dal programma di vaccinazione, ma anche dal blocco e dal differimento delle prestazioni, per finire con il 2022, anno durante il quale ci si è trovati ad affrontare il fenomeno di servizi non erogati o procrastinati. «Il Ssn soffre ancora del long covid – ha detto Barbara Cittadini, presidente nazionale Aiop – I dati parlano chiaro: a due anni dalla pandemia non solo non si riscontra il recupero atteso delle prestazioni mancate nel corso della fase pandemica più acuta, ma i volumi di attività e la qualità delle cure non sono tornati ai livelli pre-Covid né per le prestazioni programmate né per quelle urgenti». Il riferimento è a una situazione che nel Rapporto appare fotografata nei dettagli: «Le forze centrifughe dal Ssn sono sempre più evidenti – ha proseguito – con sempre più utenti che, per ovviare alle liste d’attesa, si trovano costretti, se possono, a pagare le prestazioni o, in caso di indisponibilità economica, a rinunciare alle cure».
La ricerca è uno strumento di monitoraggio e valutazione dell’efficacia e dell’efficienza del sistema ospedaliero italiano, nelle sue componenti di diritto pubblico e di diritto privato del Servizio sanitario nazionale e coniuga i dati oggettivi dei flussi informativi correnti con i dati “soggettivi” ricavati da un’indagine annuale sull’esperienza dei pazienti. «Vogliamo riportare l’interesse del malato al centro del dibattito sulla sanità pubblica, troppo spesso orientato da visioni parziali, che prescindono dai principi di realtà – ha evidenziato Cittadini – la spesa sanitaria pubblica italiana in rapporto al Pil continua a restare fortemente al di sotto della media dei Paesi Ocse e G7 e si continua a paralizzare l’erogazione di servizi alla salute, attraverso il meccanismo dei tetti di spesa, imponendo alle Regioni un limite massimo all’acquisto di prestazioni presso il privato accreditato e sacrificando i bisogni assistenziali dei pazienti sull’altare di una illogica predilezione per la proprietà pubblica degli asset». La presidente Aiop ha ricordato inoltre che «ancora una volta, i dati parlano chiaro: le dinamiche “conflittuali” tra la componente di diritto pubblico e quella di diritto privato del Ssn non interessano ai malati. L’interesse del paziente è quello di ricevere le cure migliori dal punto di vista dell’efficacia, appropriatezza e sicurezza e non, certamente, la natura giuridica dell’ospedale che le eroga. I malati desiderano, solamente, essere curati. È necessario comprendere che ogni euro impiegato in sanità è un investimento per il progresso del Paese – ha concluso Cittadini – e che è indispensabile procedere a un’alleanza di sistema, basata su un approccio collaborativo e competitivo tra la componente di diritto pubblico e la componente di diritto privato del Ssn preservando e aumentando gli ambiti di tutela, superando i condizionamenti ideologici, che, fino ad ora, hanno relegato la componente di diritto privato a un ruolo vicario e agendo attraverso una differente allocazione delle risorse alle strutture che assicurano prestazioni qualitativamente migliori e una gestione più efficiente».
Per il ministro della Salute, Orazio Schillaci, «la doppia anima del nostro sistema ospedaliero, pubblico e privato, può rappresentare la chiave di volta per risolvere alcune criticità esistenti e superare le inaccettabili disuguaglianze che tuttora persistono a livello territoriale. Dobbiamo implementare e allargare l’offerta, anche creando un sistema virtuoso tra pubblico e privato che possa garantire una presa in carico globale e appropriata delle esigenze di prevenzione, cura e assistenza di tutti i cittadini. Considero prioritario rispondere in modo tempestivo e adeguato alle esigenze di tutti coloro che sono rimasti indietro in questi anni, penso in particolare agli screening oncologici, ai ricoveri e agli interventi rimandati o sospesi soprattutto nelle prime fasi dell’emergenza sanitaria». In tal senso il ministro commenta i risultati presentati nella giornata: «L’edizione 2022 del Rapporto Aiop restituisce una nitida fotografia degli ultimi anni caratterizzati dalla pandemia di Covid-19. Una novità rilevante è rappresentata dall’approvazione dell’emendamento al decreto Milleproroghe che, oltre a permettere di continuare a utilizzare i fondi resi disponibili con la legge di Bilancio 2022, dà alle Regioni la facoltà di avvalersi di una quota dello 0,3% del fondo sanitario per incrementare l’offerta di prestazioni in convenzione con le strutture private accreditate. In tema di risorse destinate al Ssn – conclude Schillaci – abbiamo voluto dare un segnale di cambiamento, siamo arrivati a oltre 128 miliardi di euro per il fondo sanitario nazionale 2022 e aumentato le risorse del fondo per il triennio 2023-2025».
«Il Rapporto fotografa una situazione che ormai era chiara da molto, purtroppo le cifre sono drammatiche ed è necessario invertire la rotta – ha sottolineato Ugo Cappellacci, presidente della Commissione Affari sociali della Camera – La spesa sanitaria deve necessariamente diventare un investimento, passando dal concetto di prodotto interno lordo a quello di benessere interno lordo e comprendendo che in sanità spendere meno prima significa spendere di più dopo. I limiti riscontrati dal Servizio sanitario nazionale durante la pandemia si possono recuperare solo tramite un’integrazione vera tra pubblico e privato. Dobbiamo quindi intervenire sul tema dei tetti per arrivare a recuperare i ritardi che rischiano di mettere in ginocchio il Paese. Rompiamo assieme questo tetto». Davide Faraone (Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera) ha ricordato che «il Ssn è in gravissima crisi e il Covid ha peggiorato tale situazione. Il contributo del privato, dunque, è fondamentale per supportare il sistema e recuperare tutto ciò che è rimasto arretrato. Occorre però investire, stanziando risorse per almeno 10 miliardi di euro, di cui almeno 8 per il privato accreditato, e intervenire con nuove assunzioni. È necessario superare gli steccati ideologici: pubblico e privato stanno seguendo la stessa identica missione ed è arrivato il momento di riconoscerlo».
Per Domenico Mantoan, direttore generale Agenas, «il sistema pubblico è ingolfato e non riesce a utilizzare le risorse anche aggiuntive che gli sono, di volta in volta, assegnate. Il comparto privato è l’unico settore al quale sono rimasti applicati i tetti di spesa. Siamo in una condizione in cui i 300 milioni riconosciuti alle strutture di diritto pubblico per smaltire le liste d’attesa non sono stati utilizzati e in cui il privato accreditato è volutamente limitato nella sua capacità produttiva. Nel nostro Paese lo Stato deve incarnare il ruolo costituzionalmente previsto di soggetto regolatore: questo significa interpretare i bisogni in maniera flessibile, senza restare ancorati a norme – come il Dl 95 – introdotte 10 anni fa e mai aggiornate; significa rendere effettivo il ruolo di valutazione a livello centrale per monitorare più accuratamente l’efficienza delle strutture pubbliche che – dobbiamo dirlo – viaggiano a piè di lista e orientare verso una programmazione libera di dare di più a chi garantisce una qualità maggiore al minor costo». Secondo Tonino Aceti, presidente Salutequità, «Esiste un problema serio rispetto alle liste d’attesa e alla rinuncia alle cure a cui si somma il pregresso derivante dal Covid. Rispetto alla rinuncia alle cure abbiamo tassi raddoppiati rispetto al pre-Covid: in Sardegna – la Regione con la minore proporzione di privati accreditati – è quella con la percentuale maggiore, pari al 18%. Parallelamente il sistema di misurazione istituzionale ai fini Lea è profondamente carente nel misurare il fenomeno delle lista d’attesa: solo un indicatore dovrebbe catturare la capacità delle Regioni di rispondere tempestivamente ai bisogni di cura. Sull’intramoenia ancora cinque regioni non hanno istituito le relative commissioni di controllo e a fronte di un sistema che fa acqua da tutte le parti abbiamo, quindi, canali di accesso non controllato solo per chi se lo può permettere. Chi non ha disponibilità economica rinuncia alle cure e stiamo dinnanzi a un diffuso fenomeno di progressivo aggravamento delle condizioni di salute e al proliferare di casi che arrivano in ospedale quando ormai la patologia è complessa e a uno stadio avanzato».
La giornata ha previsto inoltre gli interventi del sottosegretario al ministero della Salute, Marcello Gemmato, e di Francesco Zaffini, presidente della Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato. Nadio Delai, presidente Ermeneia, e Gabriele Pelissero, vicepresidente Aiop, hanno inoltre preso parte alla tavola rotonda insieme
Mantoan e Aceti. Le conclusioni dell’evento sono state affidate al vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri. «Senza l’ospedalità privata non ci sarebbe il servizio pubblico – ha affermato – faccio parte culturalmente di un’area politica che crede nel ruolo dell’ospedalità privata nel concorso al servizio pubblico. Il monitoraggio e il controllo della corretta spesa delle risorse è imprescindibile per lo Stato. Oggi, però, devo esprimere gratitudine per il contributo fondamentale che il privato accreditato dà al Ssn».
“Ospedali&Salute” in sintesi
Accompagnando da 20 anni la vita del Ssn, il Rapporto si concentra dunque su una realtà dalla natura mista, che si esprime in una componente di diritto pubblico e in una componente di diritto privato. Doppia anche la prospettiva di analisi adottata, che tiene conto sia del punto di vista della domanda (cioè degli utenti e dei loro bisogni di cura) sia del punto di vista dell’offerta (cioè della “macchina” sanitaria e della sua evoluzione nel tempo). L’edizione 2022 descrive un inedito periodo di tempo, i cui riflessi, più o meno diretti, sono destinati a prodursi ancora a lungo: la fase dell’emergenza straordinaria, fronteggiata nel 2020; quella proattiva del 2021, caratterizzata dal vasto programma di vaccinazione ma, anche, dal blocco e dal differimento delle prestazioni; infine, quella del 2022, nel quale ci si è trovati ad affrontare un grave fenomeno di prestazioni non erogate o procrastinate. Come mostra il volume, che cita dati provenienti dal ministero e da altre fonti, la doppia anima del sistema ospedaliero italiano si manifesta innanzitutto nella distribuzione dei posti letto accreditati – 70% nella componente di diritto pubblico e 30% nella componente di diritto privato – nonché in una sostanzialmente analoga articolazione delle giornate di degenza erogate. Tale situazione non trova però riscontro nella distribuzione della spesa pubblica ospedaliera, destinata per l’88% alle strutture pubbliche e solo per il 12% a quelle private accreditate.
La sproporzione tra apporto fornito in termini di tutela della salute e sostegno pubblico del relativo apporto è tanto più evidente se si considera che, nel 2020, la complessità media delle prestazioni erogate (espressa dall’indice di peso medio) è pari a 1,35 nella componente di diritto pubblico e a 1,42 in quella di diritto privato e che le prestazioni di alta complessità rappresentano, rispettivamente, il 19,6% e il 26,2% del totale tra le strutture dell’intero Ssn nella sua duplice natura. Quanto alla qualità delle cure, le strutture di diritto privato erogano prestazioni mediamente migliori o non diverse da quelle di diritto pubblico in 27 dei 28 indicatori di esito considerati. Si tratta di un risultato perfettamente in linea con quanto già documentato nel Rapporto sulla Qualità degli outcome clinici negli ospedali italiani elaborato da Agenas e Aiop che, sempre attraverso una valutazione comparativa delle due componenti, rileva in quella di diritto privato una maggiore conformità agli standard di qualità, efficacia, appropriatezza e sicurezza.
In secondo luogo, il riferimento al long covid è dato dal fatto che, dal punto di vista dell’offerta, non solo nel 2021 non si riscontra il recupero atteso delle prestazioni mancate nel corso della fase pandemica più acuta, ma – nonostante una ripresa rispetto al 2020 – si rileva che i volumi di attività non sono tornati ai livelli pre-pandemici né per le prestazioni programmate né per quelle urgenti. In particolare, il volume di ricoveri urgenti non ha subìto sostanziali variazioni tra il 2020 e il 2021, confermando così una differenza percentuale del -13% rispetto al periodo pre-pandemico: circa 900 mila ospedalizzazioni “perse” sia nel 2020 sia nel 2021. Il numero di ospedalizzazioni urgenti, inoltre, resta sovrapponibile nel biennio anche nell’ambito delle stese aree territoriali (nord, centro e sud); viene quindi confermata una contrazione soprattutto nel sud e nelle isole, comparativamente meno investiti dall’urto pandemico e dal conseguente sforzo di recupero. Per quanto riguarda, invece, i ricoveri programmati, si assiste a una ripresa dell’attività elettiva, pur restando un significativo scostamento (-16%) dalla situazione del 2019. In questo caso, è più che evidente come il sistema fatichi a tornare sui livelli pre-pandemici, con quanto ne consegue anche in termini di non riuscito recupero delle prestazioni mancate nel 2020. Per quanto attiene le prestazioni di specialistica ambulatoriale, i volumi di attività restano fortemente al di sotto dei valori pre-Covid, con variazioni 2019-2021 che raggiungono scarti anche del -70% (Basilicata) e del -46% (P.A. di Bolzano). Differenze negative si registrano anche nel 2022, a conferma di un perdurante long covid del Ssn.
Il fenomeno dei tempi di attesa anomali – che già era una criticità rilevata nel nostro Ssn– si incrementa ulteriormente: ai ritardi “ordinari” pre-pandemici, si aggiungono quelli “straordinari” del 2020 e quelli provocati da un urto pandemico che stenta a esaurirsi. Se possiamo definire fisiologici i blocchi e rimandi del 2020 – nella misura in cui il sistema si è concentrato nella gestione dell’emergenza Covid e parallelamente le prestazioni non-Covid sono state limitate per controllare il rischio di contagio – si fa fatica a spiegare il dato del 2021. Dal punto di vista della domanda, l’indagine condotta da Ermeneia su un campione di 4.020 soggetti (rappresentativo della popolazione adulta italiana) rivela come, ancora nel 2022, il 73% degli intervistati senza esperienza di contagio e il 66% di quelli con una o più esperienze Covid abbiano dovuto sostenere blocchi o rimandi di prestazioni diagnostiche per patologie di gravità medio-alta.
Rispetto ai due sottogruppi – mai contagiati e contagiati – ostacoli all’accesso e procrastinazioni per terapie periodiche e controlli obbligatori sono stati sperimentati, rispettivamente, nel 89% e 97% dei casi.
La presenza di forze centrifughe al Ssn parte dunque dal presupposto di uno “straordinario” che non riesce ad essere assorbito in un “ordinario” che evidenziava criticità strutturali già prima dell’avvento del Covid-19. Tempi di attesa incongrui con la gravità e complessità del quesito diagnostico o della diagnosi rappresentano uno degli elementi di maggiore iniquità nell’ambito di un sistema a vocazione universalistica, dal momento che determinano una divaricazione tra coloro che possono rivolgersi al mercato delle prestazioni sanitarie – al di fuori del Servizio sanitario nazionale – e coloro che, per ragioni economico-sociali, non possono ricorrere alla spesa out-of-pocket. Per questi ultimi l’alternativa è tra un’attesa suscettibile di compromettere, in tutto o in parte, il proprio stato di salute e la rinuncia alle cure.
L’andamento dell’out-of-pocket italiano – che storicamente rappresenta circa ¼ della spesa sanitaria totale – è in progressiva crescita: è aumentato dai 37,3 miliardi di euro del 2017 al 38,4 del 2019 fino al 38,5 del 2021. Si registra un’evidente ripresa, nel 2021 rispetto al 2020, del valore dei ticket pagati dagli utenti per prestazioni intramoenia negli ospedali pubblici e – più in generale – dei consumi sanitari out-of-pocket delle famiglie italiane, che tornano a essere più elevati non solo rispetto al 2020 ma anche al 2019, anno immediatamente precedente la pandemia.
Dall’indagine contenuta nel Rapporto emerge che nel 2022 (sempre in riferimento a prestazioni/diagnosi serie-gravi) il 28% degli intervistati con almeno un episodio Covid-19 e il 13% di quelli mai contagiati si sono rivolti al privato puro; mentre alle prestazioni a pagamento all’interno delle strutture pubbliche (intramoenia), hanno rispettivamente fatto accesso il 31% e il 9% degli intervistati.
Il fenomeno di rinuncia alle cure, che nel 2021 ha coinvolto circa 1 intervistato su 20, si è lievemente ridotto nel 2022. Nella percezione degli intervistati, la sempre maggiore difficoltà di accesso alle cure per prestazioni o interventi a medio-alta complessità ha determinato un peggioramento dello stato di salute per circa il 50% degli individui mai contagiati e del 40% di quelli con esperienze di contagio. Stando al parere dei 2/3 del campione, il recupero delle prestazioni mancate o procrastinate rappresenta l’urgenza maggiore del Ssn e circa il 70% degli intervistati ritiene che la soluzione sia quella di investire in sanità e fare ricorso alle piene potenzialità di tutte le strutture sanitarie disponibili, pubbliche e private accreditate.
Nell’affrontare il tema delle risorse e del finanziamento del Ssn, analizzando l’andamento italiano e il quadro europeo, quali conclusioni dunque possiamo trarre? In tema di risorse finanziarie, va rilevato che al contrario, da anni, la sanità finanziaria – basata sui tagli e di fatto “antitetica” alla riorganizzazione strutturale e sistemica necessaria a garantire i livelli essenziali di assistenza a tutti gli individui in stato di bisogno – sta impoverendo la sanità reale, ovvero quella abitata dai pazienti, dalle loro famiglie e dagli operatori a tutti i livelli. La spesa sanitaria pubblica italiana in rapporto al Pil, già al di sotto della media dei Paesi Ocse e G7 prima e durante l’urto pandemico, è tutt’oggi considerevolmente distante da questi riferimenti.
Tale rapporto, infatti, nel 2019, era del 6,4%, a fronte del 7,6% e del 9,1% rispetto ai gruppi citati; nel 2020, primo anno di pandemia, è aumentato al 7,4%, contro, però, l’8,4% e il 10,5% dei Paesi Ocse e G7. Le previsioni per il quinquennio successivo sono peggiorative rispetto alla già difficile situazione attuale: nel 2023 la spesa in rapporto al Pil previsto si attesterà su un valore di 6,4%, per diminuire al 6,3% del 2024 e, ulteriormente, al 6,1% nel 20257.
È con queste risorse finanziarie – sistematicamente riviste al ribasso – che il Servizio sanitario nazionale è chiamato ad affrontare una domanda crescente di prestazioni, dovuta al progressivo invecchiamento della popolazione, al dato storico delle liste d’attesa e al recupero di prestazioni sospese/rimandate a partire dalla pandemia e alle nuove progettualità previste dal Pnnr.
Per scaricare il 20° Rapporto “Ospedali&Saluti” e altri materiali visitare questa pagina sul sito Aiop: clicca qui
(Fonte: Aiop)