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Redazione Secondo Welfare

Non autosufficienza, le proposte per cambiare la legge di Bilancio

13/12/22 - Redazione Secondo Welfare

Nel testo della Legge di Bilancio 2023 presentato dal Governo Meloni sono totalmente assenti interventi per gli anziani non autosufficienti, i loro familiari e gli operatori professionali che li assistono ogni giorno. È quanto segnala il Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza, che parla di 10 milioni di persone dimenticate, per cui non è stata spesa neanche una riga della Manovra.

Le 52 organizzazioni che compongono la coalizione sociale del Patto – tra cui Percorsi di secondo welfare – hanno espresso sorpresa e preoccupazione per l’attuale testo della Legge di Bilancio, ma invece di limitarsi a protestare hanno optato per la presentazione di un dettagliato pacchetto di proposte da inserire subito nella manovra che è ora all’attenzione del Parlamento.

Il contesto di riferimento

Nel documento “Prime misure per gli anziani non autosufficienti. Per non sprecare il 2023” il Patto ricorda come, anche in seguito alle richieste e alla pressione fatte in tal senso, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza preveda la realizzazione della riforma dell’assistenza agli anziani. Proprio perché inserito nella cornice del PNRR, entro marzo 2023 il Parlamento dovrà approvare una Legge Delega del tema ed entro marzo 2024 il Governo dovrà predisporre i Decreti Delegati per l’attuazione della riforma.

Il testo di partenza è lo Schema di Disegno di Legge Delega approvato il 10 ottobre scorso dal Governo Draghi: numerose delle sue parti riprendono le proposte del Patto e le indicazioni suggerite per la Legge di Bilancio riguardano proprio alcuni aspetti della riforma già ben definiti e, quindi, immediatamente applicabili.

Metterli in pratica nel 2023 significherebbe pertanto evitare di sprecare il prossimo anno. Secondo il Patto, infatti, occorre cominciare a fornire subito migliori risposte ad anziani e famiglie e utilizzare il tempo che precede la riforma per iniziare ad indirizzare i territori nella sua direzione, dato che l’attuazione di una simile riforma è sempre ben più lunga e complicata di quanto si pensi.

La proposte del Patto per la Legge di Bilancio

Nello specifico, tenuto conto dei limiti imposti dalla crisi energetica e dall’inflazione, il Patto ha elaborato delle proposte facendo in modo di minimizzare l’impatto per le casse dello Stato. Lo si evince dalla limitata cifra di spesa aggiuntiva prevista, di circa 300 milioni di euro, e dall’utilizzo dei fondi del PNRR con una riconversione delle risorse. La scelta è stata quella di proporre un’azione compatibile con la situazione attuale della finanza pubblica e di iniziare ad avviare la progettualità traducendo in pratica alcuni benefici della riforma già chiaramente delineati. Le misure su cui investire sono tre, una per ognuno dei principali ambiti del settore.

PROSEGUI LA LETTURA: continua a leggere l’articolo su Percorsi di secondo welfare

L’articolo originale, a cura della redazione di Percorsi di Secondo Welfare, è pubblicato a questa pagina:

Non autosufficienza: le proposte del Patto per cambiare la Legge di Bilancio

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Appello al Governo

23/04/21 - Redazione Secondo Welfare

Una semplificazione dei percorsi per accedere agli interventi pubblici in materia di assistenza agli anziani non autosufficienti; un’ampia riforma dei servizi domiciliari; un investimento straordinario per migliorare le strutture residenziali del nostro Paese. Il tutto grazie ad uno stanziamento di 7,5 miliardi di euro per il periodo 2022-2026. È quanto prevede la proposta elaborata dal Network Non Autosufficienza (NNA) che i primi promotori – Alzheimer Uniti, Aima, Caritas, Cittadinanzattiva, Confederazione Parkinson Italia, Federazione Alzheimer Italia, Forum Disuguaglianze Diversità, Forum Nazionale Terzo Settore, La Bottega del Possibile – e le numerose organizzazioni e sigle che hanno deciso di sostenerla – tra cui Percorsi di secondo welfare – chiedono al Governo di inserire come progetto nel PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

L’appello a Draghi, Orlando e Speranza

I dati su età e profili di fragilità delle persone decedute a causa del Covid-19 indicano che i più colpiti dall’emergenza sanitari sono gli anziani non autosufficienti. E le grandi difficoltà incontrate dal sistema socio-sanitario pubblico nell’affrontare la pandemia confermano le criticità di fondo che – da tempo – lo affliggono. Per questa ragione le organizzazioni promotrici della proposta di NNA hanno scritto una lettera al Presidente del Consiglio Mario Draghi, al Ministro delle Politiche Sociali Andrea Orlando e al Ministro della Salute Roberto Speranza sottolineando che “sarebbe paradossale che un Piano nato per rispondere a una tragedia come il Covid dimenticasse proprio coloro che ne hanno pagato il prezzo maggiore“. E in questo senso “l’ampia e significativa platea di soggetti della società che, in varia misura, sostengono tale proposta, testimonia un comune sentire circa l’urgenza di intraprendere un percorso di riforma per il futuro dell’assistenza agli anziani non autosufficienti nel nostro Paese”. Per questo, “la proposta del Network Non Autosufficienza è dunque un’occasione da non perdere“.

I contenuti della proposta

La proposta di NNA, che Secondo Welfare ha analizzata nel dettaglio qui, in sintesi prevede:

  1. la semplificazione dei percorsi per accedere agli interventi pubblici, affinché si ricomponga l’attuale caotica molteplicità di enti, sedi e procedure differenti;
  2. un’ampia riforma dei servizi domiciliari, perché rispondano alle varie problematicità legate alla non autosufficienza e diventino un effettivo punto di riferimento per le famiglie e, in particolare, per i caregiver;
  3. un investimento straordinario per migliorare quelle strutture residenziali che necessitano di essere ammodernate e riqualificate, come hanno dimostrato le vicende della pandemia.

Dato che si delinea un’azione riformatrice di sistema, gli interventi menzionati sono accompagnati da un pacchetto di azioni trasversali quali il rafforzamento della collaborazione tra Stato, Regioni e Comuni, l’introduzione di un sistema nazionale di monitoraggio, sinora assente, e un piano straordinario di formazione.

Per realizzare la proposta NNA stima uno stanziamento necessario di circa 7,5 miliardi per il periodo 2022-2026, 5 dei quali dedicati ai servizi domiciliari, e la cui titolarità dovrebbe essere condivisa tra il Ministero della Salute e quello del Lavoro e delle Politiche Sociali. “Non si può infatti procedere ad una riforma” spiega ancora la lettera “senza operare finalmente una stretta interconnessione tra sociale e sanitario, per puntare a risposte integrate, cioè fondate su uno sguardo complessivo sulle condizioni degli anziani. Ma se non sono i Ministeri nazionali i primi a farlo, chiederlo agli enti locali è impossibile”.


L’importanza del momento

Quella proposta da NNA è nei fatti una riforma storica ma che potrebbe diventare tale solo se l’Esecutivo avrà il coraggio di inserirla nel PNRR. A pochi giorni dalla presentazione del documento a Bruxelles, infatti, è cruciale che il Governo tenga fede alla volontà espressa nelle scorse settimane di impegnarsi su questo fronte, accogliendo quindi le richieste che gli sono state fatte.

Come ricordava la direttrice di Secondo Welfare Franca Maino su Corriere Buone Notizie, “il futuro del nostro Paese non può prescindere da un progetto dedicato all’assistenza degli anziani non autosufficienti facendo leva sulle possibilità di riforma e sugli investimenti una tantum offerti dal PNRR, incanalando idee e proposte verso le istituzioni responsabili della sua stesura definitiva. Non possiamo perdere questa opportunità“.

Una opportunità che, come ricordava anche Maurizio Ferrera sul Corriere della Sera, permetterebbe di sostenere gli anziani ma anche di investire su donne e infanzia. Esiste infatti un “nesso fra politiche a sostegno della non autosufficienza e generazioni future che sta nell’alleggerimento dei carichi familiari per le donne e nell’espansione dell’occupazione, auspicabilmente anche sui tassi di natalità“. È davvero un’occasione che non possiamo lasciarci scappare e che auspichiamo sia colta dal Governo.

 

Leggi su Percorsi di Secondo Welfare.

Archiviato in:News, Primo piano Contrassegnato con: Franca Maino, non autosufficienza, PNRR, welfare

Quale welfare dopo la pandemia?

26/01/21 - Redazione Secondo Welfare

Solitudine, invecchiamento, denatalità, conciliazione, nuove povertà e fragilità: sono solo alcune delle sfide sociali che dovremo affrontare. Ne ha parlato Franca Maino, docente all’università di Milano e direttrice di Secondo Welfare, a un convegno organizzato da Auser Lombardia.

Co-programmazione e co-progettazione: queste le due parole chiave per lo sviluppo del rapporto tra la pubblica amministrazione e il terzo settore e anche tema centrale del webinar “Il terzo settore: la sfida della riforma alla luce della società che cambia”, organizzato da Auser Lombardia, realtà che si occupa di volontariato focalizzato all’aiuto alla persona, all’invecchiamento attivo, all’educazione permanente e alla promozione sociale. Oggi Auser conta in ambito regionale circa 460 sedi e 9.500 volontari attivi su un totale di oltre 71.000 soci e, durante la prima fase di picco del Covid-19, ha avuto un ruolo molto significativo nelle comunità.

Obiettivo del webinar è stato analizzare la situazione attuale (segnata anche dall’emergenza del Covid-19) e celebrare l’assegnazione a Sara Barzaghi del primo premio di laurea in memoria di Sergio Veneziani, presidente di Auser che ha portato alla crescita esponenziale dell’associazione sul territorio lombardo.

«Siamo di fronte a un’inedita relazione tra il principio di sussidiarietà orizzontale e gli istituti tradizionali del diritto amministrativo», è il commento di Lella Brambilla, attuale presidente di Auser Lombardia, diffuso in un comunicato dell’associazione. «Significa che realtà come Auser hanno un ruolo nuovo nella società. Ci è chiesto coraggio nel proseguire le nostre attività e anche nello svolgere un ruolo politico più importante, a partire dalla denuncia di carenze che noi stessi abbiamo incontrato».

«Il nostro welfare – afferma invece la professoressa Franca Maino, tra i relatori del webinar – è ancora molto tradizionale, non si rivolge ai nuovi problemi come la solitudine, l’invecchiamento, la scarsa natalità, la conciliazione vita-lavoro, le nuove povertà, le fragilità, i Neet, la sanità territoriale, la mobilità sociale ferma, i servizi per l’infanzia e per la scuola e i costi inoltre, sono sulle famiglie».

Franca Maino (Università degli Studi di Milano e direttrice del laboratorio di ricerca Percorsi di Secondo Welfare), da tempo si occupa dell’evoluzione del welfare nazionale e locale alla luce dei cambiamenti demografici e sociali analizzando in particolare nei suoi studi l’evoluzione e la realizzazione sul territorio del “secondo welfare”, nella cui vita hanno un ruolo fondamentale e strategico proprio gli Enti del Terzo Settore, e interrogandosi anche sul loro ruolo ai tempi del Covid-19 arrivando ad affermare che «la crisi del 2008 aveva già minato il sistema di protezione sociale e quella pandemica non sta facendo altro che mettere sale sulle ferite».

Cosa succede con la pandemia dunque? «L’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Covid-19 sta aprendo finestre di opportunità per introdurre cambiamenti di policy», continua Maino. «Il Terzo Settore deve rimettere in discussione i propri modelli organizzativi, aiutando a rilanciare nel Paese il cosiddetto terziario sociale che significa risposta ai bisogni e sostegno allo sviluppo dei territori. Il volontariato, nello specifico, deve reagire strategicamente con strumenti nuovi e innovativi. Auser, ad esempio, ha subito messo a punto un investimento nella tecnologia e, a fare la differenza, sono state l’esperienza accumulata negli anni, la struttura organizzativa forte già esistente e la flessibilità, insieme alla volontà di mettere sempre al centro le persone e i loro bisogni. Risulta quindi fondamentale costruire un legame sempre più solido tra ecosistema del Terzo Settore in quanto tale e le amministrazioni pubbliche, avendo sullo sfondo l’agenda 2030 per concorrere allo sviluppo del territorio contenendo le diseguaglianze».

L’intervento di Maino porta l’attenzione anche sulla spesa sociale dei Comuni che, come si evince, costituisce una frazione modesta della spesa pubblica destinata alle politiche sociali: circa 7,1 mld di euro (2016) e circa lo 0,4% del PIL; in media, 116 € pro capite (22 in Calabria, 516 a Bolzano). Si nota come tale spesa sia diretta prevalentemente a famiglie e minori (38,8%), a persone con disabilità (25,5%), anziani (17,4%) e i tassi di copertura sono generalmente molto contenuti. Ma, continua Maino, «la spesa territoriale sembra anche avere una dimensione adatta a sperimentare innovazioni capaci di intercettare i bisogni attualmente scoperti e il welfare territoriale non si limita a quanto i Comuni possono offrire con le (poche) risorse a disposizione. Il territorio non è uno spazio, ma un eco-sistema, socio-economico, nel quale i Comuni e i corpi intermedi possono essere attori-chiave nel promuovere o facilitare processi capaci di aggregare, mettere a sistema e liberare risorse presenti (dalle risorse oggi spese out-of pocket al volontariato, dalle risorse formali e quelle informali…), nell’assicurare che i processi attivati seguano logiche inclusive, orientate all’innovazione e all’investimento sociale».

Il focus inevitabilmente si direziona sul ruolo per il Terzo Settore e per il volontariato rispetto ad un welfare in trasformazione cercando di capire quali conoscenze possa portare la pandemia da Sars-Cov-2.

«Il welfare aziendale è ormai un ‘mercato’ di sviluppo per il Terzo Settore e in particolare per cooperative e imprese sociali che possono diventare (oltre che beneficiari) anche fornitori di servizi e ‘intermediari‘ (provider), che possono fornire servizi ad alta intensità professionale per rispondere a bisogni sociali complessi, vantando una tradizionale attenzione alla cura della persona, che si può tradurre in una maggiore capacità di risposta alle esigenze di lavoratori e lavoratrici ed essere alleati strategici dentro reti multi-attore – continua Maino – Aggiungerei anche che abituate ad interfacciarsi e a lavorare con il pubblico, cooperative e imprese sociali possono superare la logica dell’essere meri fornitori per puntare a diventare dei veri e propri partner dentro relazioni (quando non vere e proprie reti) con le amministrazioni pubbliche e con altri attori profit e non. Tutto questo agisce sul fronte dei servizi e su quello dell’occupazione alimentando un Terziario Sociale che è insieme risposta ai bisogni e motore di sviluppo e occupazione».

Il volontariato ai tempi del Covid-19 ha invece dimostrato di essere una risorsa preziosa e strategica anche in situazioni di emergenza, capace di reagire usando strumenti e canali nuovi e innovativi e di fornire servizi essenziali, calibrati su bisogni emergenziali. A fare la differenza sono stati: il bagaglio di esperienze pregresse e la struttura organizzativa unite alla disponibilità ad aprirsi all’innovazione e alla flessibilità, la centralità delle persone, delle reti multi-attore e le risorse economiche, tecnologiche e comunicative.

Eccoci quindi di fronte ad “nuova normalità” e provando a consolidare gli apprendimenti acquisiti, è importante analizzare il contributo all’innovazione e al cambiamento sociale che possono dare il trinomio, welfare-territorio-Terzo Settore.

«Per un welfare sempre più territoriale e inclusivo – continua Maino – è sicuramente importante agire su diversi fronti: promuovere e sostenere l’investimento in misure innovative per bisogni emergenti e soggetti non tutelati, promuovere collaborazioni con associazionismo e cooperazione sociale, con soggetti pubblici e altri soggetti privati profit per favorire nuove connessioni e reti multi-attore; elaborare strategie di lavoro sui territori e di supporto all’incontro tra domanda e offerta di servizi al fine di alimentare il cosiddetto terziario sociale; creare connessioni tra i bisogni e aggregare la domanda per costruire una visione che colga le interdipendenze tra i bisogni del territorio; creare connessioni tra i servizi e favorire la coproduzione per individuare piste possibili di integrazione tra servizi diversi, sfruttando il potenziale delle piattaforme digitali. In poche parole sperimentare sempre più soluzioni e misure che siano outcome-based», conclude Maino.

 

(Questo articolo è ripreso dal sito www.secondowelfare.it con il consenso del Direttore del blog)

 

 

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