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Mensile di utilità scientifiche e culturali

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Prof. Marco Ricca

Laureato in Medicina e Chirurgia, è stato assistente ordinario in Patologia e in Clinica Medica all’Università di Firenze; successivamente Primario Medico negli Ospedali di Cortona,Fiesole,Camerata e infine nell’Ospedale San Giovanni di Dio di Firenze. Libero Docente in Semeiotica Medica, è specialista in Cardiologia, Gerontologia e Geriatria e Pneumologia. E’ stato consulente Cardiologo alla Fondazione Turati di Gavinana ed attualmente è Direttore Sanitario del Centro Sanitario Pistoiese Koinos della Fondazione stessa a Pistoia.

In tema di pet therapy

27/12/18 - Prof. Marco Ricca

L’inizio del rapporto uomo-animale si perde  nella notte dei tempi, ai primordi della civiltà. In origine l’animale è stato fonte quasi esclusiva del sostentamento umano, con la caccia quale attività determinante per la sopravvivenza. Successivamente, oltre ad essere utilizzato per l’alimentazione e la protezione dagli agenti atmosferici (uso di pelli e  tosature), l’animale è diventato strumento di lavoro e di trasporto. Con il passare lento e graduale dallo stato selvatico a quello domestico, alcune specie hanno assunto un ruolo di «compagnia» condividendo momenti di quotidianità e consuetudini dell’uomo.

Per quanto concerne l’effetto benefico, simil-terapeutico, del contatto con gli animali, le prime segnalazioni risalgono al 1700 e si riferiscono a condizioni di sofferenza psichica. Nel corso del 1800 e 1900 le osservazioni si sono moltiplicate con descrizione di risultati favorevoli in casi di depressione psichica, epilessia, autismo, schizofrenia. Inoltre, è stato ipotizzato un effetto benefico nel trattamento dell’ipertensione arteriosa ed anche nella prevenzione dell’infarto miocardico. Così, ad opera di Boris Levinson (Usa, 1953) e successivamente di Samuel ed Elizabeth Corson (Usa, 1975) è nato il termine Pet Therapy quale modalità terapeutica sui generis basata sulla interazione uomo-animale (principalmente: cane, gatto, coniglio, cavallo, asino).

L’animale domestico è emblema di vitalità, con peculiarità di specie e di individuo associate a bisogni, impulsi, manifestazioni affettive; con esso è facile realizzare una condizione di empatia instaurando un rapporto affettivo ed emozionale mediato dalla comunicazione. Quest’ultima si avvale in primis di un linguaggio semplice, tendenzialmente ripetitivo che si traduce in effetto rassicurante sia in chi parla sia in chi ascolta. Altra fonte di comunicazione è il tatto (carezza, contatto in senso lato) che, oltre ad essere fonte di una indefinita sensazione di piacere, contribuisce significativamente alla percezione del proprio “sé“. Anche la vista facilita il rapporto con l’animale: sguardo, espressione, atteggiamento vengono chiaramente percepiti e si traducono abitualmente in atteggiamenti conformi al volere della persona.

Fondamentalmente, la relazione empatica  uomo-animale è più facile di quella uomo-uomo perché prescinde dalle funzioni cognitive (memoria, linguaggio, ragionamento) e può quindi stabilirsi anche in condizioni di deterioramento mentale e/o di handicap in senso lato. Nella realtà la compagnia dell’animale può tradursi in miglioramento delle condizioni fisiche, dell’aspetto comportamentale e di quelli psicosociale e psicoemotivo. Con l’animale si parla e quindi si rompe il muro del silenzio; viene stimolata l’attività fisica quotidiana e la responsabilità quale si richiede per il benessere dell’animale (alimentazione, igiene, movimento); si favorisce la socializzazione in quanto l’animale è occasione di curiosità, commenti, discussione; sopratutto, l’animale è antidoto della solitudine, condizione largamente diffusa sopratutto nell’anziano.

La Pet Therapy o Zooterapia è stata riconosciuta come cura ufficiale nel Servizio Sanitario Nazionale con decreto del Consiglio dei Ministri del febbraio 2003.

Attualmente si parla di Attività Assistita con Animali (AAA), intendendo  con questo termine le iniziative volte a migliorare la qualità di vita e il benessere delle persone; condotte con l’ausilio di animali da compagnia, tramite interventi di tipo educativo, ricreativo e ludico favoriscono la socializzazione, stimolano le capacità sensoriali, cognitive e motorie, attivano la memoria remota, migliorano il tono dell’umore della persona.

La Terapie Assistite con Animali (TAA) è una modalità terapeutica di supporto che integra la terapia medica tradizionale. Interviene a livello fisico con l’obiettivo di migliorare l’attività cardiaca e la pressione arteriosa, ridurre la rigidità muscolare, incrementare l’equilibrio; la TAA tende inoltre al miglioramento delle capacità cognitive, delle manifestazioni  comportamentale, della comunicazione e delle attitudini relazionali; può altresì  indurre una diminuzione dei livelli di ansia e incrementare l’autostima personale.

La TAA abitualmente viene prescritta o coordinata da medici e si avvale delle prestazioni di animali addestrati per obiettivi specifici; in quest’ambito, tra le varie forme di ausilio terapeutico, vanno annoverati i hearing dogs (cani per sordi addestrati ad avvertire determinati segnali acustici) ed i guide dogs (cani per ciechi).

La EAA (Educazione Assistita con Animale) comprende interventi di tipo educativo per sostenere le potenzialità di crescita e progettualità individuale, favorire l’inserimento sociale, rinforzare l’autostima, controllare l’aggressività. Il campo di applicazione preferenziale è costituito dall’infanzia e dall’adolescenza.

Nei Paesi occidentali e in particolare in Italia si assiste al  notevole progressivo sviluppo della AAA nelle sue diverse espressioni, meglio conosciuta come Pet Therapy; la quale è ora riconosciuta ed ammessa anche nelle strutture recettive e sanitarie sia pubbliche che private, ovviamente nel rispetto delle relative specifiche norme di carattere sanitario, igienico  e gestionale.

 

Archiviato in:Approfondimenti specialistici Contrassegnato con: pet therapy

La memoria: fascino e cruccio

6/02/18 - Prof. Marco Ricca

Quale è il confine tra la dimenticanza, magari occasionale, e l’amnesia quale effettiva perdita della memoria? Il quesito è importante in quanto distingue tra una condizione che rientra ancora nella normalità e un’altra che, pur varia come tipologia, ha comunque carattere di patologicità.

La memoria, definita da Eschilo “madre di ogni saggezza“, è la capacità di recepire, organizzare, ritenere e richiamare sotto forma di ricordo informazioni derivanti dall’esperienza o dall’apporto della via sensoriale (vista, udito, tatto, gusto, olfatto).

La memoria si distingue in

  • memoria sensoriale: vengono memorizzate per un tempo brevissimo informazioni visive, uditive, tattili, olfattive
  • MBT (memoria a breve termine), capace di conservare una piccola quantità di informazione chiamata span (contenuto di 5-9 elementi) per una durata massima di 20 minuti secondi
  • MLT (memoria a lungo termine) con durata da qualche minuto fino a molti decenni, è suddivisa in due categorie: memoria dichiarativa e memoria procedurale: la prima concerne la conoscenza del mondo reale, la seconda riguarda le modalità con cui si opera nella quotidiana esperienza di vita.

Il sistema limbico è il fondamento anatomo-funzionale della memoria. Conosciuto anche come “cervello emotivo” è costituito da: ipotalamo; ippocampo; amigdala; corteccia limbica. In sintesi, il sistema limbico presiede a memoria, apprendimento, attenzione, emozioni.

Indubbiamente la memoria, entità complessa, determinante in ciascuna fase della vita, è da sempre oggetto di vivo interesse e ha un suo indubbio fascino particolare.

L’amnesia è la perdita della memoria che può essere a breve  o a lungo termine: la prima concerne il ricordo di eventi appena avvenuti e di breve durata; la seconda eventi trascorsi anche da molti anni. L’amnesia si distingue in transitoria (durata inferiore a 24 ore) e permanente; retrograda quando la perdita di memoria concerne ricordi antecedenti l’evento causale dell’amnesia; anterograda quando dopo l’evento viene perduta la capacità di memorizzare nuove informazioni; globale quando sono presenti entrambe le condizioni.

Le cause dell’amnesia sono molteplici: condizioni di stress, turbe del sonno, traumi, concomitanza di stati morbosi debilitanti; abuso di alcol; sostanze stupefacenti, farmaci quali benzodiazepine, ansiolitici, antidepressivi; patologia degenerativa del sistema nervoso (morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson, sclerosi multipla), encefalopatia vascolare.

Il quadro clinico è vario e segue una scala di crescente gravità: manifestazioni episodiche che possono essere di semplice dimenticanza (dove sono la chiave o gli occhiali?); non ricordo del nome di una persona specie se di famiglia oppure del menù del pranzo del giorno precedente o dello stesso giorno; disorientamento nel tempo (giorno, mese, anno) e nello spazio (non riconoscimento del luogo, incapacità di ritrovare la strada di casa, ecc.). Le manifestazioni più conclamate sono in genere espressione di deterioramento mentale caratterizzato da compromissione delle capacità cognitive, difficoltà nel linguaggio con progressiva perdita lessicale, alterazioni del carattere e del comportamento, incuria della propria persona e dell’igiene personale, incapacità ad attendere alle attività della vita quotidiana fino ad arrivare alla totale dipendenza.

La diagnosi comprende in prima istanza una visita medica eventualmente integrata da consulenza neurologica. In caso di sospetta malattia neurodegenerativa è prassi ricorrere ad esame Tac cranico ed eventualmente a Rmn encefalica. Di notevole ausilio per l’inquadramento diagnostico dell’amnesia sono i tests neuropsicologici: essi permettono di quantificare il deficit mnesico e, in associazione con altri tests, forniscono indicazioni sulla possibile concomitanza di depressione psichica. Attraverso questi strumenti diagnostici è possibile distinguere tra dimenticanza e amnesia; ugualmente, diagnosticare il deterioramento cognitivo lieve (MCI) rispetto alla demenza sia di natura degenerativa che vascolare.

Non esiste una terapia farmacologica specifica per la memoria, mentre sono presenti nella farmacopea ufficiale molecole (donepezil, rivastigmina, memantina) che agiscono a livello della trasmissione sinaptica con l’obiettivo di rallentare il processo di deterioramento mentale.

Esistono invece tecniche e procedure non farmacologiche volte a facilitare la memorizzazione, definite mnemotecniche, le quali si fondano su tre elementi costitutivi: Immagini, Emozioni, Associazioni. Il ruolo dell’Immagine è fondamentale: infatti nella costruzione del dato mnemonico la vista contribuisce per l’80-85% mentre gli altri sensi (udito, tatto, olfatto, gusto) incidono complessivamente per il 15-20%. Il ricordo è tanto più vivo e permanente nella misura in cui l’immagine è multisensoriale, cioè quando la parte visiva dell’immagine si associa alla rievocazione di suono, odore, gusto.

Per il ruolo dell’Emozione, i ricordi più vivi sono quelli caratterizzati da una componente emotiva rilevante (esperienze emozionanti, avventure, ecc.).

Per quanto concerne le Associazioni, è dimostrato che è più facile ricordare oggetti o persone quando si stabilisca un loro rapporto con i luoghi (ad esempio il posto a tavola facilita il ricordo della persona che lo occupava; un contenitore facilita il ricordo del contenuto ecc…)

Le mnemotecniche hanno una triplice finalità: a) aumentare le afferenze al sistema limbico provenienti dai sensi diversi dalla vista onde incrementarne la capacità funzionale; b) attivare strutture cerebrali ancora silenti sotto il profilo funzionale; c) favorire l’attivazione di entrambi gli emisferi: quello di sinistra per l’aspetto razionale; quello di destra per quello creativo. Le tecniche mnemoniche maggiormente utilizzate sono le seguenti:

  • utilizzare la mano non dominante per scrivere, lavarsi i denti ed altre attività manuali;
  • fare la doccia o camminare nell’ambiente domestico a occhi chiusi, il che determina l’attivazione di udito, tatto, olfatto che si traduce in forte stimolazione del sistema limbico;
  • esercitare il calcolo con sottrazioni di un numero fisso partendo da una base a 3 cifre: es.: 100-7 poi -7 continuando a sottrarre via via il 7; oppure moltiplicazioni a 2 cifre; ripetizione delle tabelline; esercizi di sommazione veloce;
  • effettuare lettura ad alta voce e incrementare progressivamente la velocità di lettura;
  • eseguire parole crociate, giocare a carte, dama, scacchi;
  • dedicare quotidianamente un certo tempo per l’attività fisica che, notoriamente, induce una attivazione sinaptica a livello dell’encefalo del quale migliora anche la circolazione;
  • considerando che memoria e memorizzazione sono connesse con la concentrazione mentale, è riconosciuta l’utilità della meditazione quotidiana quale valida mnemotecnica.

In conclusione, la consapevolezza di una iniziale sia pur modesta perdita di memoria è vissuta abitualmente  con preoccupazione sopratutto in previsione del futuro; di qui il cruccio, quasi abituale. Comunque, va sottolineata l’importanza della diagnosi precoce che può fornire indicazioni sulla tipologia del deficit e sulle condizioni anatomo-funzionali e fisiopatologiche che lo caratterizzano. Sulla base di queste risultanze sarà possibile definire una strategia terapeutica programmata sul lungo periodo, razionale ed efficace.

Prof. Marco Ricca

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Approfondimenti specialistici

Disturbi del comportamento alimentare

I disturbi del comportamento alimentare in età adolescenziale: aspetti endocrino-metabolici

23/01/23 - Deanna Belliti

I disturbi del comportamento alimentare sono patologie estremamente complesse e diffusissime tra gli adolescenti, con un’insorgenza che oltretutto si fa sempre più precoce. In questo articolo, legato all’intervento dell’autrice al convegno “La nutrizione e le sue condizioni problematiche” tenutosi a Pistoia nel 2022, ne viene presentato un quadro comprensivo degli aspetti endocrino-metabolici in linea con un approccio integrato alla malattia.

long term care

I modelli europei di Long Term Care dopo il Covid

10/10/22 - Redazione

Un rapporto dell’European Social Policy Network elaborato da Emmanuele Pavolini illustra le sfide poste dalla pandemia ai sistemi di Long Term Care in Europa. Il documento, come segnalato da Percorsi di secondo welfare nell’articolo che qui segnaliamo, analizza le variabili strutturali che caratterizzano i vari modelli, l’intensità dell’intervento pubblico e la correlazione tra assistenza continuativa e rischio di povertà ed esclusione sociale per i non autosufficienti.

Long Term Care

Operatore RSA ai tempi del coronavirus

11/04/20 - Barbara Atzori

Gli aspetti psicologici da tenere in considerazione a proposito del lavoro dell’operatore RSA ai tempi del coronavirus. Da affrontare, in questo particolare momento, riconoscendo e condividendo emozioni e timori, anche con i colleghi.

pet therapy

In tema di pet therapy

27/12/18 - Prof. Marco Ricca

Dal rapporto di empatia tra l’uomo e gli animali un grande miglioramento nelle condizioni fisiche, comportamentali, psicologiche ed emotive delle persone anziane, e anche un potente antidoto contro la solitudine. Tanto che la pet therapy è riconosciuta dal Ssn.

Validation Therapy caregiver

Validation, tornare al passato per ritrovare il presente

22/03/18 - Dr.ssa Giuseppina Carrubba

La Validation therapy nasce dall’intuizione di una psicologa americana, Naomi Feil. Capì che per l’anziano disorientato tornare al passato poteva ridare un senso al presente e che alcune tecniche di comunicazione interpersonale studiate ad hoc potevano essere utili a comunicare con lui.

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Notiziario di utilità scientifiche e culturali
della Fondazione Turati Onlus
Registrato al Tribunale di Pistoia al n. 409 del 9 marzo 2018.


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Giancarlo Magni

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