A sostegno della tesi che l’autonomia differenziata di fatto rappresenterebbe la secessione dei “ricchi” a scapito delle regioni più arretrate economicamente i cui cittadini sarebbero penalizzati dal minor accesso a prestazioni essenziali, si fa sempre riferimento all’esperienza della sanità, materia di competenza regionale in pratica dall’istituzione del Servizio sanitario nazionale.
L’esperienza della sanità: spesa e output
Ci sono grandi disparità nelle risorse assegnate a ciascuna regione (in verità, sulla base di parametri definiti d’intesa, in sede di Conferenza Stato Regioni) e profonde disparità in termini di quantità e qualità dei servizi erogati ai cittadini, ai quali dovrebbero essere garantiti Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) definiti attraverso un lungo e complicato percorso, tecnico amministrativo e istituzionale.
Nel corso di una ricerca su alcune regioni benchmark, sono state elaborate alcune semplici tabelle, riferite a 21 regioni e province autonome, con i dati riferiti all’anno 2019, l’ultimo precedente la pandemia, sia per la spesa corrente pro-capite sia per il punteggio ottenuto con il monitoraggio degli adempimenti LEA.
Spesa pro capite e punteggi LEA per regione – anno 2019

La spesa pro capite per regione oscilla tra il minimo della Campania – 1.780 euro – ed il massimo della provincia autonoma di Bolzano – 2.398 euro – e della regione Molise – 2.390 euro – la quale riceve oltre il 34 % in più per ogni suo cittadino rispetto alla regione Campania. Ma tutte le regioni meridionali spendono importi più modesti della generalità delle regioni del Centro nord.
I punteggi LEA, costruiti sulla base di una apposita griglia, possono essere considerati una misura aggregata dei servizi che il Servizio sanitario di ciascuna regione, con le risorse date, è in grado di assicurare ai suoi abitanti.
Va ricordato come la griglia LEA sia contestata da numerose parti perché inadeguata a valutare “la reale erogazione delle prestazioni sanitarie e la loro effettiva esigibilità da parte dei cittadini” (Osservatorio GIMBE) in particolare perché avrebbe modeste capacità di identificare gli inadempimenti per il numero limitato di indicatori e per le modalità di rilevazione, ovvero l’autocertificazione da parte delle stesse Regioni; per il progressivo appiattimento perché indicatori e soglie di adempimento non vengono modificati dal 2015, perché la dichiarazione di adempimento è rimasta sempre la stessa, 160 su 225 punti, per il ritardo della pubblicazione del monitoraggio (circa due anni) così che si perde la possibilità di tempestive azioni di miglioramento.
Tutto ciò premesso, il monitoraggio basato sulla griglia LEA, ancorché con i limiti richiamati, offre un indicatore approssimato della quantità e qualità dei servizi erogati.
Autonomia differenziata e diritti dei cittadini: un percorso virtuoso
In un meditato intervento sull’autonomia differenziata pubblicato sul Corriere della Sera il 4 febbraio scorso il professor Maurizio Ferrera respinge la demonizzazione che se ne fa, ricordando che: 1) l’autonomia differenziata è prevista e disciplinata dalla Costituzione, a seguito della riforma adottata dalla maggioranza di centro-sinistra nel 2000 e confermata da referendum popolare; 2) l’attuazione di questo principio è iniziata nel 2017, con la richiesta di trasferimento dei poteri in varie materie da parte di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna e la successiva definizione di accordi preliminari con il governo Gentiloni nel febbraio 2018; 3) negli ultimi decenni, il trasferimento di poteri e competenze dal centro alle regioni ha interessato molte democrazie occidentali.
Al centro del dibattito c’è sempre stata la medesima questione: “Da un lato, concedere maggiore autonomia in modo da promuovere flessibilità, sperimentazione, responsabilità. Dall’altro, evitare di produrre disparità di diritti fra cittadini. Conciliare questi due obiettivi si è rivelato tutt’altro che facile”.
Il punto cruciale è rappresentato dalla definizione del pacchetto di servizi garantiti, i livelli essenziali di prestazione (LEP), per salvaguardare il livello minimo di prestazioni assicurate ai cittadini a prescindere dalla regione di residenza.
Un percorso complicato quello per definire questo pacchetto di servizi garantiti e nel quale scompare un aspetto fondamentale, richiamato da Ferrera nel suo articolo: “I livelli essenziali vanno definiti non solo nel contenuto, ma anche nei loro costi standard. Solo così sarà possibile quantificare le risorse che lo Stato deve garantire a ciascuna regione, a seconda del fabbisogno. La Costituzione prevede un fondo perequativo a sostegno dei territori con minore capacità fiscale”.
Ma è lo status quo, quello difeso dagli avversari dell’autonomia differenziata, che produce oggi profonde disparità tra i cittadini che ricevono molto di meno di quello che spetterebbe loro e che neanche sanno potrebbero avere, in una situazione che genera anche clientelismo e corruzione.
Afferma ancora Ferrera che è indispensabile il monitoraggio “basato sugli output (non solo la spesa, ma le effettive prestazioni e, possibilmente, la loro qualità) è la chiave di volta del federalismo fiscale” per comprendere perché, con lo stesso livello di spesa pro capite, Avellino e Lecce eroghino quantità di servizi molto diverse: 15 prestazioni ogni 100 residenti a Lecce, 3 ad Avellino: autonomia e responsabilità devono essere coniugate insieme, per garantire efficienza, economicità ed equità nelle prestazioni per i cittadini.
Un esercizio di aritmetica (con valenza politica)
“Posso resistere a tutto fuorché alle tentazioni” è aforisma citatissimo di Oscar Wilde: la tentazione con i numeri a disposizione e le sollecitazioni dal testo di Ferrera è stata irresistibile e ha spinto ad un esercizio aritmetico sui numeri della sanità.
Nella tabella iniziale la spesa pro-capite per la sanità è impiegata per un complesso articolato output che è espresso dal punteggio ottenuto. E allora è stato calcolato – per le regioni soggette a monitoraggio – il costo medio per punto LEA che oscilla tra gli 8,7 € del Veneto ai 15,9 € del Molise. Si possono individuare quattro gruppi: i campioni dell’efficienza sotto i 9€ (Veneto e Marche), gli efficienti tra 9 e 9,5 € (Lazio, Toscana, Umbria, Abruzzo, Lombardia, Emilia Romagna, Puglia), in ritardo sopra 10 € (Liguria, Piemonte, Sicilia, Campania, Basilicata), gli inadempienti con Calabria e Molise.
Costo medio per punto LEA anno 2019 importi in €
Ovviamente dovrebbero essere considerati nel calcolo del costo medio fattori correttivi per diseconomie di scala per le regioni troppo piccole, per l’incidenza della popolazione anziana, per la distribuzione territoriale della popolazione e del sistema di mobilità.
L’esercizio che viene sviluppato si fonda sull’assunzione del costo medio sostenuto dal Veneto come frontiera dell’efficienza verso la quale devono muoversi (essere costrette a muoversi) le regioni che ne sono lontane.
Se ogni regione impiegasse le risorse attualmente assegnate avendo lo stesso costo medio del Veneto (8,7 €) quantità e qualità dei servizi garantiti ai cittadini espressi in punti LEA: dai 3.085 punti della situazione attuale si passerebbe, con il recupero in termini di efficienza di spesa, a 3.570 punti LEA, con un progresso di 485 punti.
Nonostante l’evidente miglioramento in tutte le regioni, vi sarebbero due regioni del Centro (Lazio e Marche) e sei del Meridione, quasi al completo, (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) nelle quali il benchmark del Veneto (222 punti LEA) non è raggiunto senza aumento della spesa: ai 238 da incremento di efficienza bisogna aggiungerne 88 con assegnazione di fondi aggiuntivi.
La soluzione per garantire i medesimi diritti ai cittadini non è incremento sic et simpliciter di fondi ma, una assegnazione dei fondi che mancano (una stima spannometrica indica 3 miliardi circa per anno) condizionata all’accertato recupero di efficienza, secondo un programma pluriennale concordato tra Governo e regioni. Non si versa altra acqua in un secchio sfondato.
Alle regioni che con la convergenza sulla frontiera dell’efficienza vedono il loro benchmark superare quello del Veneto, dovrebbe essere previso un meccanismo premiale che lascia loro le risorse di cui beneficiano con la facoltà di destinarle ad altro impiego, caso mai prevedendo anche per loro qualche risorsa in più, come incentivo ulteriore.
Se libertà è partecipazione, autonomia è responsabilità.