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Mensile di utilità scientifiche e culturali

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Vincenzo Maria Saraceni

Il professor Vincenzo Saraceni presiede il Comitato scientifico della Fondazione Filippo Turati Onlus. È stato professore ordinario di Medicina fisica e riabilitazione presso l’Università La Sapienza di Roma, dove ha diretto la Scuola di specializzazione in Medicina riabilitativa. Il suo impegno culturale e scientifico ha trovato particolare riconoscimento con la sua elezione per un triennio a presidente della Società scientifica di fisiatria (Simfer).
Saraceni si è anche distinto per la sua sensibilità e impegno sociale come presidente dei Medici cattolici italiani (Amci) per otto anni.

Ssn, la centralità degli infermieri

5/02/21 - Vincenzo Maria Saraceni

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha istituito il 2020 come l’anno internazionale dell’Infermiere e dell’Ostetrica e ogni anno, il 12 Maggio, sarà celebrato l’Anno Internazionale degli Infermieri. Si tratta di un’occasione che vuole essere non solo celebrativa ma di revisione culturale collettiva per l’accettazione della centralità di questa professione sanitaria e per il suo contributo decisivo per il miglioramento della salute nel mondo.

Se si è visto come la pandemia da coronavirus abbia evidenziato la carenza di medici, specie nelle specializzazioni che più direttamente si sono dovute confrontare con le esigenze dei malati nella fase acuta. In modo ancora più serio, purtroppo, si è avvertita la mancanza del personale non medico e, soprattutto, degli infermieri. Abbiamo assistito, così, a una ricerca spasmodica di unità infermieristiche e si è fatto, in larga misura, ricorso a reclutamenti temporanei tramite avvisi pubblici per incarichi a termine, cui hanno partecipato un consistente numero di infermieri (si calcolano circa 16000 unità), provenienti per lo più dalle strutture sanitarie accreditate o dalle cooperative, mossi dalla prospettiva di una stabilizzazione nel pubblico, difficile ma possibile. Naturalmente, quando la coperta è corta, si è innescata una crisi gravissima nel comparto privato e molte strutture hanno dovuto ridimensionare la loro offerta sanitaria e, alcune, hanno dovuto chiudere.

Eppure, la carenza di personale infermieristico era nota da tempo. Già nel 2008 l’Ocse sottolineava che a fronte della assunzione annua di 8.000 infermieri, ben 17.000 lasciavano annualmente il lavoro a motivo del pensionamento. Alcune stime hanno prospettato la mancanza nel nostro paese di circa 50.000 infermieri (nel 2055 erano occupate 371.000 unità), anche in considerazione della differente presenza percentuale per 1.000 abitanti nel nostro paese rispetto ai paesi dell’Ocse (in Italia 6,6 per 1.000 abitanti mentre la media Ocse è di 8,8).

In questo modo, mentre le indicazioni internazionali prevedono tre infermieri per ogni medico, la media italiana si attesta a 2,5 infermieri per medico.
Il Ministero della Università e della Ricerca ha voluto, anche qui lodevolmente, porre le basi per un recupero di unità infermieristiche e per il 2020 sono stati messi a bando per i Corsi di Laurea in scienze infermieristiche 16.013 posti con un aumento di 924 unità rispetto al precedente anno.  Naturalmente i benefici si vedranno fra tre anni ma bisognerà mantenere anche per i prossimi anni tale livello di reclutamento.

Purtroppo, siamo ancora lontani dalla soluzione del problema perché si deve ritenere sussistere la presenza di cause profonde che hanno determinato una minore capacità attrattiva da parte di questa fondamentale professione, tanto che capita che le domande di partecipazione ai Concorsi di ammissione al Corso di Laurea in alcuni casi siano inferiori ai posti disponibili.

Esiste, certo, il problema della remunerazione della professione giunta con il nuovo contratto a 1.900 euro mensili lordi, davvero poco per una professione con turni notturni e festivi a carico per circa l’80% da personale femminile con gli inevitabili disagi della vita personale e familiare.

Peraltro, molte persone dopo il Corso di Laura triennale proseguono altri due anni conseguendo la laurea specialistica che accresce le loro competenze ma non modifica la loro retribuzione.

Appare però più acuto il tema della gratificazione professionale in termini di carriera per una professione che rischia di rimanere immodificata nell’arco dell’intera vita lavorativa.

Si deve anche onestamente riconoscere che oggi gli infermieri sarebbero pienamente in grado di svolgere atti che la classe medica, volentieri potrebbe delegare senza confusione di ruoli e di responsabilità, se la legislazione lo consentisse. Allora, proprio la istituzione della Giornata Mondiale dell’infermiere, come si diceva all’inizio, può costituire la chiamata ad un grande confronto per l’alleanza tra medici, infermieri e politica per costruire una alleanza a beneficio dei pazienti.

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Sanità, sistema da rifondare

26/01/21 - Vincenzo Maria Saraceni

Il Covid ha portato alla luce tutte le criticità del nostro sistema sanitario. Ora è indispensabile l’impegno di tutti e un grande piano di investimenti. Il nodo delle borse di specializzazione.

La grave pandemia da Covid, che ha così duramente colpito il pianeta, ha evidenziato particolarmente nel nostro Paese, un Sistema Sanitario fragile sia dal punto di vista della organizzazione di fronte ad eventi che, purtroppo, tendono a ripetersi nel tempo e ha messo in una evidenza, quasi drammatica, la carenza del personale, medico e non, necessario per affrontare una minaccia di così grande portata che ancora non siamo in grado di prevederne la fine. La mancanza, quindi, di un Piano pandemico non aggiornato dal 2006 e la disponibilità ridotta di risorse per il reclutamento dei medici e degli infermieri hanno portato rapidamente al collasso molti ospedali.

Sul fronte medico si deve sottolineare, anche con soddisfazione, che sono state aumentate in questo anno le borse di studio per le specializzazioni particolarmente in alcune discipline mediche in primo piano nella lotta al Covid.

Sarà utile ricordare alcuni numeri.

Nel 2019 le borse di studio sono state 8000 finanziate dallo Stato, 612 dalle Regioni e 164 da Enti pubblici e privati, mentre nel 2020 le borse sono diventate 14.455 di cui 13.400 finanziate dallo Stato, 888 dalle Regioni e 167 da altri Enti. Come si nota un incremento netto di oltre 6.000 borse. Ancora più interessante il tentativo di adeguamento delle tipologie di specializzazione che ha inteso agevolare quelle discipline ritenute giustamente più necessarie. Solo per fare un esempio, la disponibilità per la specializzazione in Malattie Infettive ha visto aumentare da 106 a 339 il numero delle borse  e quella in Malattie Respiratorie da 135 a 371.

Naturalmente questo sforzo, pur lodevole, riguarda il futuro atteso che i giovani medici che cominciano il percorso di specializzazione lo ultimeranno tra quattro anni e non rappresentano, quindi, la soluzione per la carenza attuale. Così, si è dovuto tentare il ricorso a tipologie di reclutamento di medici discutibili come il richiamo in servizio dei medici in pensione che ha registrato poche adesioni e che li ha esposti, per la condizione avanzata della età, a un rischio maggiore di avere conseguenze gravi dal possibile da Covid.

Rimane, poi, il nodo di fondo perché si vuole che i medici possano partecipare a concorsi ospedalieri solo dopo la acquisizione del diploma di specializzazione ma, ogni anno, il numero dei laureati in medicina che fanno domanda di partecipazione al concorso per la specializzazione è di gran lunga maggiore dei posti disponibili e così la specializzazione rimane di fatto un vero imbuto difficile da superare.

Come è noto il Recovery Fund (Next generation EU) prevede uno stanziamento complessivo di 750 miliardi e l’Italia è sicuramente il paese maggiormente beneficiario. Si deve ritenere, per l’utilizzo dei fondi assegnati all’Italia, che nelle intenzioni del Governo, che ha aumentato lo stanziamento di fondi per la sanità (in una versione del Piano davvero insufficienti) ci sia proprio la volontà di garantire ad ogni laureato una borsa di specializzazione.

È sufficiente? Certamente no. Ma nelle intenzioni del Governo si sono anche i presidi per le degenze temporanee, le case di comunità gestite dai medici di medicina generale e il potenziamento della rete territoriale di assistenza primaria, il rafforzamento della medicina scolastica, la riforma, essenziale, del sistema di emergenza urgenza.

Dobbiamo riuscirci, a qualunque costo.

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Tecnologia e pedagogia per la riabilitazione

7/01/19 - Vincenzo Maria Saraceni

Con sempre maggiore penetrazione la tecnologia sta entrando nella riabilitazione, a volte anche con la pretesa di essere sostitutiva del lavoro dei fisiatri e dei fisioterapisti. Certo, sono concrete, oggi, le possibilità di recupero delle funzioni perse (per esempio la possibilità di tornare a camminare per i paraplegici), impensabili fino a pochi anni fa, grazie proprio  alla disponibilità di apparati tecnologici complessi che, comunque, devono ancora dimostrare la loro trasferibilità pratica nella vita quotidiana dei pazienti e restituire loro la massima capacità di partecipazione alla vita sociale.

L’oggetto del presente convegno, il primo in ricordo di Piperno, è proprio centrato  sulle sofisticate tecnologie robotiche per il recupero delle funzioni e sulle possibilità diagnostiche offerte dalla fRMN  anche con capacità predittive sul recupero per guidare il lavoro riabilitativo.

Credo che alcune riflessioni di carattere generale potranno essere utili per avere la consapevolezza che ogni pretesa sostitutiva delle complesse funzioni umane potrà avere successo solo se, in qualche modo, “interiorizzata” nella consapevolezza, come dire nella coscienza del paziente.

Il grande filosofo Husserl ha distinto tra «avere un corpo» (Kierpe) e «essere un corpo» (Lieb) e questa distinzione tra un corpo oggetto e un corpo soggetto appare la più utile per sottolineare che la «protesizzazione», anche la più evoluta, può non essere efficace se non entra costitutivamente nella mente del paziente.

Ecco, allora, la riabilitazione come apprendimento, proposta da Carlo Perfetti, fondatore della riabilitazione neurocognitiva, sulla scorta di teorie note in Psicologia cognitiva come quella di Jerome S. Brunner, ed ecco la necessità di una qualche relazione tra Tecnologia e Pedagogia come indicato dal titolo del mio intervento.

E terrò la mia relazione introduttiva prendendo proprio spunto da una lettura di Carlo Perfetti, su una fiaba tra le più famose al mondo che fa onore a Firenze e a Pistoia. Si tratta, come si è capito, di Storia di un Burattino scritta da Carlo Lorenzini Collodi (pseudonimo derivato dal nome di un quartiere nella provincia di Pistoia dove ha trascorso parte dell’infanzia). La prima edizione esce nel 1883 e si sono aggiunte altre 186 edizioni tradotte in oltre 250 lingue.

È importante ricordare la data della prima edizione perché ci fa capire quanto Collodi fosse consapevole del clima scientifico e culturale del tempo in cui scrive la storia di Pinocchio.

Innanzi tutto il clima scientifico. È il tempo in cui ingegneri e meccanici si mettono a costruire  macchine capaci di riprodurre le funzioni biologiche degli esseri viventi, che successivamente saranno chiamate «androidi». Tra queste, certamente la più famosa, quella di Jacques de Vaucanson (1708-1782), nominato primo meccanico del Re, che costruì un’anatra che era in rado di mangiare e digerire. A questi «androidi» era però necessaria una batteria per superare l’inerzia motoria. In questo senso Pinocchio (si noti che il termine burattino, scelto da Collodi, significava all’epoca «fantoccio mosso da fili», praticamente una marionetta) non è mai stato un androide ma sin dall’inizio ha mostrato la autonomia tipica dei robot.

E su questo clima scientifico è fiorita una importante produzione letteraria fantastica. Tralasciando di descrivere, per la loro notorietà, opere come Frankenstein, o il moderno Prometeo (1818) di Mary Shelley (1818) oppure Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Robert Luis Stevenson (1886), vale la pena di ricordare il libro Eva Futura di Auguste de Villiers de l’Isle-Adam (1886). Nel libro, che ha reso famoso il termine androide, l’autore, un nobile, si innamora di una donna perfetta nell’aspetto ma irrimediabilmente mediocre, tanto da renderlo incline al suicidio, e si rivolge ad un famoso scienziato (realmente vivente all’epoca)  per farsi realizzare un androide non distinguibile dalla persona amata fisicamente ma dotata di intelligenza: la donna ideale per sostituire quella reale imperfetta.

Non meno significativo è la cultura pedagogica del tempo che Collodi non mancherà di irridere. È il tempo di Johann Heinrich Pestalozzi, pedagogista  svizzero (1746-1827) e del suo discepolo ideale  Friedrich Wilhelm August Fröbe (1782 –1852).

È merito particolarmente di quest’ultimo di aver portato avanti le idee di Pestalozzi giungendo alla fondazione dei «Giardini dell’infanzia» nei quali il gioco, in quanto attività primaria e spontanea del bambino, assume un ruolo centrale e diventa spazio fondante nell’organizzazione della vita nel giardino d’infanzia (si nota facilmente la somiglianza con il Giardino dei balocchi di Pinocchio, su cui torneremo).

Su questo terreno culturale e scientifico Collodi scrive la Storia di un Burattino che è tutta sul rapporto mente-corpo, cioè sulle modificazione del corpo in relazione alle esperienze pedagogiche che di Pinocchio. All’inizio Pinocchio ha un corpo ma non è un corpo. Il suo corpo di legno lui non lo conosce, «non lo cerca, non prova niente attraverso il corpo, neanche il dolore» anzi in una prima esperienza si brucia le gambe al fuoco del camino e Geppetto è costretto a fargliele nuove. In sostanza la sua mente non è presente nel suo corpo e il  corpo non è nella mente.

E, così, si assiste alle modificazioni del corpo da burattino di legno a bambino attraverso le esperienze. La prima, nel paese dei balocchi che lo fa diventare un asino (evidente la polemica con gli orientamenti pedagogici del tempo) e per la prima volta si guarda allo specchio, si tocca, prova vergogna per la avvertita presenza di una coda. Finisce così in un circo a ballare perché il suo padrone, secondo i ridicoli orientamenti scientifici del tempo, sostiene di rinvenire in Pinocchio-asino il «bernoccolo» della danza e poi, via via, le altre trasformazioni indotte dalle esperienze che lo costringono a cambiare mentalità come il gatto e la volpe che lo derubano ma poi escono malconci da una scazzottata con lui.

E, a seguire, l’esperienza nel «Paese delle Api industriose», dove prova ad elemosinare da mangiare per sé e per Geppetto ma gli vengono chiesti in cambio piccoli lavori che lui prima rifiuta con sdegno ma poi si piega a portare una brocca di acqua in casa di una donna e ne riceve come ricompensa un piatto di pane e cavolfiori. O, ancora, quando accetta di lavorare dall’ortolano Giangio e dovrà tirare con il bindolo 100 secchi di acqua al giorno per ricevere in cambio un bicchiere di latte. Lavora lì per cinque lunghi mesi e riesce a mantenere se stesso e Geppetto e intanto si dedica (finalmente!) agli studi. Il resto della storia è noto: la fata in un sogno gli dice che per la sua dedizione al padre Geppetto e allo studio gli sono perdonate tutti gli errori fatti nella vita e Pinocchio al risveglio si accorge di essere diventato un bambino perbene. Sulla sedia del laboratorio di Geppeto rimane un burattino senza vita, il vecchio involucro di legno di Pinocchio.

Cosa ci può insegnare la favola riguardo alla riabilitazione?  Che la riabilitazione non può consistere in una esercitazione meccanica per il recupero della forza muscolare e della articolarità. Quante volte i nostri pazienti sono lasciati soli, nelle palestre, a ripetere esercizi fatti di contrazioni, di allungamenti, di pesi, che non assumono alcun significato rispetto ai compiti che dobbiamo svolgere nella nostra vita quotidiana. Ecco la esigenza che ogni riabilitazione, con o senza l’ausilio di tecnologie robotiche, avvenga con il coinvolgimento determinante delle facoltà cognitive capaci di determinare un cambiamento stabile del nostro sistema nervoso.

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Approfondimenti specialistici

Disturbi del comportamento alimentare

I disturbi del comportamento alimentare in età adolescenziale: aspetti endocrino-metabolici

23/01/23 - Deanna Belliti

I disturbi del comportamento alimentare sono patologie estremamente complesse e diffusissime tra gli adolescenti, con un’insorgenza che oltretutto si fa sempre più precoce. In questo articolo, legato all’intervento dell’autrice al convegno “La nutrizione e le sue condizioni problematiche” tenutosi a Pistoia nel 2022, ne viene presentato un quadro comprensivo degli aspetti endocrino-metabolici in linea con un approccio integrato alla malattia.

long term care

I modelli europei di Long Term Care dopo il Covid

10/10/22 - Redazione

Un rapporto dell’European Social Policy Network elaborato da Emmanuele Pavolini illustra le sfide poste dalla pandemia ai sistemi di Long Term Care in Europa. Il documento, come segnalato da Percorsi di secondo welfare nell’articolo che qui segnaliamo, analizza le variabili strutturali che caratterizzano i vari modelli, l’intensità dell’intervento pubblico e la correlazione tra assistenza continuativa e rischio di povertà ed esclusione sociale per i non autosufficienti.

Long Term Care

Operatore RSA ai tempi del coronavirus

11/04/20 - Barbara Atzori

Gli aspetti psicologici da tenere in considerazione a proposito del lavoro dell’operatore RSA ai tempi del coronavirus. Da affrontare, in questo particolare momento, riconoscendo e condividendo emozioni e timori, anche con i colleghi.

pet therapy

In tema di pet therapy

27/12/18 - Prof. Marco Ricca

Dal rapporto di empatia tra l’uomo e gli animali un grande miglioramento nelle condizioni fisiche, comportamentali, psicologiche ed emotive delle persone anziane, e anche un potente antidoto contro la solitudine. Tanto che la pet therapy è riconosciuta dal Ssn.

Validation Therapy caregiver

Validation, tornare al passato per ritrovare il presente

22/03/18 - Dr.ssa Giuseppina Carrubba

La Validation therapy nasce dall’intuizione di una psicologa americana, Naomi Feil. Capì che per l’anziano disorientato tornare al passato poteva ridare un senso al presente e che alcune tecniche di comunicazione interpersonale studiate ad hoc potevano essere utili a comunicare con lui.

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Notiziario di utilità scientifiche e culturali
della Fondazione Turati Onlus
Registrato al Tribunale di Pistoia al n. 409 del 9 marzo 2018.


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Giancarlo Magni

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