La terza età vista come fase fortemente positiva perché libera dai condizionamenti e dalle illusioni, ma ricca di creatività, valori e indipendenza. Se oggi questo punto di vista è largamente condiviso, lo dobbiamo anche e soprattutto a Francesco Maria Antonini, geriatra, tra i primi a parlare dell’importanza del fattore intellettuale e creativo per un buon invecchiamento. Per Antonini la vecchiaia era il momento giusto per riappropriarsi del proprio tempo, per ritrovare se stessi, per volersi bene. E la strada per riuscirci passava secondo lui da una serie di “regole” che condensò in un celebre decalogo.
Il professor Antonini si insediò nella prima cattedra universitaria italiana e mondiale di Geriatria e Gerontologia ufficialmente istituita nel 1962: ricoprì questo incarico da professore ordinario di Gerontologia e Geriatria nell’università di Firenze fino alla naturale scadenza, a metà degli anni ’90. E proprio l’università lo ha ricordato all’inizio di quest’anno, in occasione del decennale della sua scomparsa, con un incontro promosso dal dipartimento di Medicina sperimentale e clinica al quale hanno partecipato ex colleghi e allievi.
Francesco Maria Antonini fu un maestro e un pioniere in ambito geriatrico, anche per la sua capacità di pensare fuori dal coro e immaginare nuove soluzioni a vecchi problemi. Negli ultimi decenni del secolo scorso la società italiana si manifestava già come una delle più longeve d’Europa e lui, umanista e medico sensibile, fu costantemente impegnato nella comprensione e nel trattamento dei problemi della terza età. Fondò nel ’57 la scuola di Geriatria e Gerontologia dell’università di Firenze successivamente dando corpo, nell’allora Arcispedale di Santa Maria Nuova (Careggi), alla divisione di Geriatria di Ponte Nuovo, dentro alla quale nel ’69 nacque l’Unità di terapia intensiva coronarica, una delle prime realtà del genere in Italia. Quasi contestualmente era partito, sempre grazie al suo contributo di idee e azioni, l’ospedale Inrca (Istituto nazionale ricovero e cura anziani) I Fraticini di Firenze, dedicato alla riabilitazione geriatrica (ictus e parkinson le patologie centrali) e anch’esso all’avanguardia per l’epoca. Tutte queste strutture ebbero la sua originale impronta: la scuola gerontologico-geriatrica fondata da Antonini era, come lui, lontana da molti stereotipi propri del mondo accademico e si ispirava a quanto osservato con grande curiosità e senso pratico in numerose esperienze all’estero. E probabilmente la Firenze di quegli anni, dopo aver recepito i venti di cambiamento del ’68, era aperta alle novità.
Negli stessi anni Antonini iniziò i corsi della Scuola speciale per terapisti della riabilitazione, avvalendosi per l’occasione del supporto di alcuni fisioterapisti statunitensi (tra cui Jean Di Marino, Patricia Kelly e altri), non esistendo all’epoca in Italia professionisti “formati” alla didattica e alla visione “riabilitativa” del professore. La sua Scuola di specializzazione in Gerontologia e Geriatria è stata ed è, continuando una tradizione consolidata, un esempio di alto livello: ogni settimana i migliori esperti italiani e stranieri erano invitati a tenere lezioni specifiche ai suoi studenti, in un’atmosfera poco accademica, favorente i rapporti interpersonali e la condivisione di conoscenze ed esperienze. Molti degli studenti o degli aspiranti studenti lo ricordano come un rivoluzionario eccentrico, per i suoi orari impossibili e per i colloqui di ammissione, durante i quali i candidati potevano sentirsi chiedere di tutto: dalla domanda altamente tecnica su come funzionava un frigorifero, ad esempio, a quella su come si preparavano i carciofi alla giudea… Antonini li sottoponeva a domande spiazzanti, spesso a sera (o notte) inoltrata, al fine di valutare non solo la loro preparazione, ma anche la loro capacità di reagire a stimoli inconsueti e tutto sommato il loro background culturale.
Il più grande merito del professor Antonini è stato quello di circondarsi di eccellenti collaboratori, ai quali non ha mai negato spazio e dei quali ha valorizzato le competenze. Tra questi, Antonino D’Alessandro, secondo ordinario di Gerontologia e Geriatria e mente scientifica dell’omonimo Istituto; il professor Carlo Fumagalli (promotore e organizzatore dell’Utic, Unità di terapia intensiva cardiologica) e il professor Giovanni Bertini, a cui si deve l’esperienza pilota di organizzazione delle Unità coronariche mobili; il dottor Alberto Baroni, direttore dell’ospedale I Fraticini, e diversi assistenti o giovani specializzandi di allora che hanno poi trovato collocazioni di rilievo nel panorama geriatrico (e non) nazionale.
Antonini aveva la grande abilità e la grande umiltà di indirizzare il malato verso chi riteneva potesse risolvere al meglio i suoi problemi e nello stesso tempo di fornire ai suoi pazienti una “relazione di cura” a 360°. Alla sua uscita la divisione geriatrica passò al professor Giulio Masotti, che, pur provenendo da un contesto completamente diverso, continuò produttivamente a valorizzarne le intuizioni e i valori.
Con il precipitare della situazione socio-economica nazionale e con l’inevitabile passare del tempo non molto resta, espresso in termini concreti, di quanto Francesco Maria Antonini aveva immaginato, a eccezione del concetto di “intensità di cura” a cui si doveva però accompagnare, ed è la parte che, salvo rare eccezioni territoriali, manca, cioè una rete di servizi alla persona (l’anziano) che ne favorisse recupero, reinserimento e “buon invecchiamento”.
Il decalogo del buon invecchiamento di Francesco Maria Antonini
- Scegliti, per nascere, una famiglia di longevi che ti insegni come vivere una vecchiaia serena.
- Fin dall’infanzia interessa ed educa la tua mente a dei valori, alla conoscenza, alla curiosità, a mettere in dubbio ciò che ti viene dato per sicuro.
- Dedicati, nei limiti in cui ti è possibile, ad un lavoro creativo, l’invecchiamento è diverso a seconda del lavoro che si compie (e del piacere che si ha facendolo).
- Spostati progressivamente, man mano che invecchi, da attività fisiche ad attività intellettuali.
- Continua comunque sempre l’azione che hai scelto di compiere: la rinuncia all’azione è causa di stress, di depressione e di invecchiamento.
- Per vincere la solitudine non essere egocentrico, non interessarti solo di te, ma soprattutto degli altri.
- La vecchiaia non allontana dalla vita attiva. All’attività giovanile, che si vale del vigore fisico, se ne può sostituire un’altra, nell’età matura, in cui prevalgono le forze dello spirito.
- Prediligi quegli esercizi fisici che stimolino anche la mente.
- Cerca di compensare quello che declina o che tu perdi col tempo: una donna bella può diventare interessante, un uomo forte può diventare paziente. Cerca di avere nuovi valori via via che ne perdi altri.
- L’ultima battuta di una commedia di Pirandello dice: “Crearsi per ritrovarsi”. La tua vecchiaia è il frutto della tua azione creativa. Prima di morire cerca almeno di essere nato.
Sandro Cortini e Giulia Gonfiantini, con la collaborazione di Federica Marini