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Dr.ssa Giuseppina Carrubba

La dottoressa Giuseppina Carrubba è psicologa e psicoterapeuta, con un master di 2° livello in Psicologia dell'invecchiamento conseguito presso l'università degli studi di Pavia. È insegnante certificata del metodo Validation e consulente per le terapie non farmacologiche presso la cooperativa Fai di Pordenone. È inoltre consulente presso il gruppo Korian Segesta.

Terapie non farmacologiche: un approccio efficace

29/05/19 - Dr.ssa Giuseppina Carrubba

La malattia di Alzheimer è una delle grandi patologie cronico-degenerative delle società contemporanee, purtroppo, oltre a compromettere la memoria e altre facoltà cognitive di chi ne è affetto, altera e rimette in discussione gli equilibri, finora presenti, all’interno del nucleo familiare di appartenenza, ecco perché possiamo definirla oltre ad una “emergenza” sanitaria, anche una “malattia familiare“.

In definitiva, al familiare viene richiesto non solo di ‘adattarsi’ alla demenza, ma anche di ‘ri-adattarsi continuamente‘ alle nuove difficoltà cognitive, funzionali e comportamentali che emergono con il progredire della stessa.

Di fronte ad un impatto sempre meno sostenibile, sicuramente è l’intero modello assistenziale che andrebbe ripensato, potenziando la rete dei servizi e prevedendo interventi a sostegno, non solo del malato ma anche dei caregiver.

Il ventaglio di interventi riportati in letteratura è vasto e varia in funzione delle problematiche presenti e dello stadio di avanzamento della patologia.

Per molto tempo la contenzione fisica e chimica è stata concepita come l’unica soluzione per la gestione dei disturbi comportamentali nella demenza. Solo negli ultimi anni si è iniziato a mettere in risalto nuovi approcci che stanno dimostrando di essere un utile sistema di “presa in carico“.

In particolare, gli interventi non farmacologici possono costituire strategie efficaci per ridurre o, in certi casi, prevenire i disturbi comportamentali nella demenza.

Le terapie non farmacologiche costituiscono un approccio tecnico standardizzato di comprovata efficacia, basato su prove scientifiche, che si prefigge, in modo complementare alla terapia farmacologica, di curare la persona con demenza al fine di contrastare la problematiche comportamentali, legata alla patologia stessa.

Questi approcci non farmacologici si fondano solitamente sul cambiamento dell’atteggiamento dei caregiver, formali ed informali, e sulla modificazione dell’ambiente in modo tale da contenere, per quanto è possibile, i comportamenti problematici.

Le diverse problematiche comportamentali presenti nei pazienti affetti da demenza, talvolta rappresentano l’esternazione di un grande bisogno che si palesa attraverso dinamiche quotidiane spesso di difficile gestione da parte degli operatori.

Gli ambiti di cura delle Terapie non farmacologiche possono essere: la cognitività, le funzioni neuro-sensoriali, l’affettività, il linguaggio, il sonno, l’alimentazione, le funzioni motorie, l’autonomia personale, le relazioni interpersonali.

Per ciò che riguarda le terapie non farmacologiche centrate sulla cognitività, ad esempio, ricordo la ROT, la Reminiscenza, ossia tecniche utili per il mantenimento delle capacità cognitive residue.

Mentre per ciò che riguarda le Terapie non farmacologiche centrate sull’affettività e le emozioni, possiamo ricordare un utile modello di comunicazione, il metodo Validation, e tecniche che stimolano emozioni arcaiche, attraverso l’uso di simboli specifici, che permettono ai caregiver una migliore interazione con l’ospite, come per esempio la Doll Therapy.

Questi approcci di intervento non farmacologico sono sempre più richiesti e vengono utilizzati da personale qualificato all’interno dei centri servizio o dai caregiver al domicilio e si basano principalmente sulla relazione interpersonale positiva e su rapporti empatici ed emotivo-affettivi.

Dopo un’adeguata formazione ed attraverso una costante supervisione, si permette agli operatori di acquisire nuove competenze e conoscenze in grado di rafforzare e sostenere il proprio livello di autostima professionale che supporta la grande motivazione al lavoro di aiuto.

Tutto ciò ha portato, spesso, ad un’analisi della riduzione del grado di distress lavoro correlato, spesso presente in operatori che svolgono un ruolo di “aiuto”.

 

*L’articolo è stato realizzato in occasione della partenza del percorso formativo biennale sulle terapie non farmacologiche che la Fondazione Filippo Turati Onlus rivolge ai propri dipendenti del Centro socio-sanitario di Gavinana, percorso del quale la dottoressa Carrubba è responsabile scientifico.

 

Archiviato in:News Contrassegnato con: Alzheimer, Validation

Validation, tornare al passato per ritrovare il presente

22/03/18 - Dr.ssa Giuseppina Carrubba

L’autrice che per prima ha dato vita a un intervento clinico nella demenza orientato in senso psicodinamico è stata Naomi Feil, psicologa sociale e gerontologa americana. Il suo metodo, denominato Validation, si avvale di tecniche di comunicazione interpersonale studiate appositamente per comunicare con l’anziano molto disorientato. L’autrice capì che, per l’anziano, tornare al passato restituiva un senso alla propria vita. Ella smise di pretendere che questi anziani si conformassero ai suoi obiettivi o che svolgessero compiti tipici di età più giovanili. Iniziò, quindi, ad accompagnarli nella loro realtà, capendo che il ritorno al passato rappresentava l’occasione di risolverne i conflitti, di ritrovare certi vissuti e di riappacificarsi con se stessi prima della morte.

Feil si stupiva quando vedeva che questi anziani, accettati amorevolmente, si sentivano più sereni e ritornavano in qualche modo alla realtà presente, rassicurati a tal punto da avere la forza di accettare le perdite dell’età e della malattia.

La persona molto anziana ha bisogno di qualcuno che la ascolti con empatia e la accompagni nella quotidiana lotta che Naomi Feil definisce come una Risoluzione contro lo stadio della vita vegetativa. Ella sostiene che, normalmente, i controlli sociali impediscono a questi potenti vissuti di emergere, quando, però, questi vengono meno, accade che il gravoso carico di emozioni, a lungo represse, trova il modo di esprimersi, talvolta attraverso comportamenti considerati bizzarri dai più giovani.

L’anziano può fare ritorno al proprio passato per ripercorrere i momenti felici o tentare di risolvere questioni rimaste in sospeso, ciò non è o non è soltanto dovuto alla malattia, costituisce piuttosto una strategia di sopravvivenza in un momento così drammatico in cui l’anziano vede sgretolarsi i pilastri della propria vita: subisce perdite fisiche, emotive e sociali, può andare incontro ad una vera deprivazione affettiva. Se non viene ascoltato, l’anziano può chiudersi in se stesso fino a sprofondare nella fase della vita vegetativa.

Secondo il metodo Validation, la condotta dell’anziano malato può essere l’espressione di un linguaggio universale fatto di simboli o archetipi primordiali; in tal senso, il comportamento bizzarro rappresenta il tentativo di soddisfare i bisogni universali di essere riconosciuti, amati e di poter esprimere liberamente se stessi. Pertanto, l’operatore Validation ascolta la realtà interiore dell’anziano disorientato, legittimandolo, nel qui ed ora che non corrispondono ai ritmi dell’orologio ordinario, ma costellano i movimenti autentici della persona in ogni momento.

Attraverso sessioni sia individuali sia di gruppo, l’operatore Validation si sintonizza sul mondo dell’anziano disorientato e, viaggiando indietro nel tempo, può comprendere le questioni irrisolte senza tentare di renderne consapevole la persona né tantomeno di interpretarne i significati. Ascoltando con rispetto, usando il contatto visivo ed il tocco, entrando in comunicazione con empatia ed assecondando i movimenti del corpo, l’operatore Validation riesce ad instaurare un clima di reciproci fiducia e rispetto. La fiducia rafforza l’autostima e la dignità dell’anziano, ciò porta a diminuire la frustrazione e, di conseguenza, i comportamenti problematici.

Feil aggiunge un altro importante compito evolutivo a quelli esposti da E. Erikson, cioè l’Integrità, come meta da raggiungere nella vecchiaia: vale a dire il poter volgere lo sguardo all’indietro e sentirsi appagati per quello che si è fatto. Feil, appunto, parla dello stadio della Risoluzione dei compiti esistenziali rimasti in sospeso, che si concretizza nell’età avanzata, quella dei “grandi anziani“, come ella li chiamava.

A differenza dell’accezione di Erikson, la Risoluzione non presuppone un consapevole ritorno al passato, ma un profondo bisogno di morire in pace.

Il metodo Validation persegue generalmente i seguenti obiettivi: restituire l’autostima, migliorare la comunicazione verbale e non verbale, ridurre i livelli d’ansia, evitare l’isolamento, migliorare la postura ed il benessere fisico, favorire la risoluzione dei conflitti del passato, infine ridurre la necessità di contenzione fisica e chimica.

Notevole è anche la riduzione del burnout degli operatori che provano sollievo nel comunicare meglio con gli anziani ammalati. La prospettiva di riferimento teorica si poggia sui principi della psicologia umanistica, psicodinamica e comportamentale: si rammentano in particolare gli essenziali contributi di Jung, Freud, Maslow e Rogers.

Le tecniche applicative traggono origine dalla Programmazione Neuro Linguistica (PNL), ideata da Bandler e Grinder negli anni ’60. Il metodo Validation categorizza il comportamento degli anziani molto disorientati in quattro stadi detti della Risoluzione: il Malorientamento, la Confusione Temporale, i Movimenti Ripetitivi e la Vita Vegetativa. In ogni stadio è possibile utilizzare delle tecniche specifiche.

 

Bibliografia:

  • Naomi F., Validation- Il Metodo Feil: edizioni Minerva 2008-2016
  • https://vfvalidation.org
  • Vicki de Klerk-Rubin-Il metodo Validation: edizioni Erickson 2015
  • https:// neuroscienze.net- PNL

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Approfondimenti specialistici

Disturbi del comportamento alimentare

I disturbi del comportamento alimentare in età adolescenziale: aspetti endocrino-metabolici

23/01/23 - Deanna Belliti

I disturbi del comportamento alimentare sono patologie estremamente complesse e diffusissime tra gli adolescenti, con un’insorgenza che oltretutto si fa sempre più precoce. In questo articolo, legato all’intervento dell’autrice al convegno “La nutrizione e le sue condizioni problematiche” tenutosi a Pistoia nel 2022, ne viene presentato un quadro comprensivo degli aspetti endocrino-metabolici in linea con un approccio integrato alla malattia.

long term care

I modelli europei di Long Term Care dopo il Covid

10/10/22 - Redazione

Un rapporto dell’European Social Policy Network elaborato da Emmanuele Pavolini illustra le sfide poste dalla pandemia ai sistemi di Long Term Care in Europa. Il documento, come segnalato da Percorsi di secondo welfare nell’articolo che qui segnaliamo, analizza le variabili strutturali che caratterizzano i vari modelli, l’intensità dell’intervento pubblico e la correlazione tra assistenza continuativa e rischio di povertà ed esclusione sociale per i non autosufficienti.

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Operatore RSA ai tempi del coronavirus

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Gli aspetti psicologici da tenere in considerazione a proposito del lavoro dell’operatore RSA ai tempi del coronavirus. Da affrontare, in questo particolare momento, riconoscendo e condividendo emozioni e timori, anche con i colleghi.

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In tema di pet therapy

27/12/18 - Prof. Marco Ricca

Dal rapporto di empatia tra l’uomo e gli animali un grande miglioramento nelle condizioni fisiche, comportamentali, psicologiche ed emotive delle persone anziane, e anche un potente antidoto contro la solitudine. Tanto che la pet therapy è riconosciuta dal Ssn.

Validation Therapy caregiver

Validation, tornare al passato per ritrovare il presente

22/03/18 - Dr.ssa Giuseppina Carrubba

La Validation therapy nasce dall’intuizione di una psicologa americana, Naomi Feil. Capì che per l’anziano disorientato tornare al passato poteva ridare un senso al presente e che alcune tecniche di comunicazione interpersonale studiate ad hoc potevano essere utili a comunicare con lui.

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